di Fiovo Bitti – segretario confederale

Il governo, con il decreto-legge 25/2017, interviene nuovamente in materia di lavoro accessorio e di disciplina degli appalti. Attraverso questo provvedimento, che è in vigore dal 17 marzo scorso e che dovrà essere convertito in legge entro sessanta giorni, l’esecutivo ha inteso superare i due quesiti referendari promossi dalla Cgil, sui quali si era peraltro espressa in maniera positiva la nostra Organizzazione sindacale. Lo scarno decreto-legge, due articoli più un terzo relativo all’entrata in vigore, riprende alla lettera il contenuto delle proposte abrogative sulle quali l’elettorato sarebbe stato chiamato a pronunciarsi il 28 maggio. In sintesi, l’articolo 1 sopprime la disciplina del lavoro accessorio, così come definita dagli articoli 48, 49 e 50 del decreto legislativo 81/2015, prevedendo, però, un periodo transitorio di utilizzo dei voucher già acquistati alla data del 17 marzo che, secondo alcune stime, ammonterebbero ad almeno 35 milioni. La cifra potrebbe essere anche più alta, considerando che il contenuto del decreto-legge è stato ampiamente anticipato sulla stampa nei giorni precedenti la sua approvazione in Consiglio dei ministri. È facile ipotizzare che la corsa all’acquisto abbia interessato proprio quelle imprese che, in questi anni, hanno utilizzato il lavoro accessorio come strumento per abbattere il costo del lavoro, non rispettando i minimi contrattuali. Come è stato fatto osservare dalla Fondazione dei consulenti del lavoro, non è immediatamente chiaro il meccanismo di utilizzo dei voucher nel periodo transitorio fino al 31 dicembre, in quanto la formulazione del comma 2 dell’articolo 1 del decreto-legge è incompleta. Si apre così un buco normativo che potrebbe essere risolto in sede di conversione oppure potrebbe rappresentare per il governo la motivazione plausibile per reintervenire nuovamente sul lavoro accessorio, magari già a settembre. A quel punto, infatti, non ci sarebbero i tempi tecnici per effettuare il referendum, il quale, peraltro, non potrebbe tenersi neanche nel 2018, visto la concomitanza con le elezioni politiche. Rispetto alla disciplina degli appalti, l’effetto pratico sui lavoratori è che la responsabilità solidale di committente ed appaltatore agisce immediatamente e non dopo ricorso al giudice. La conseguenza è che committente ed appaltatore dovranno sottoscrivere degli strumenti di garanzia reciproca sugli impegni presi. Benché prevista nel quesito referendario, suscita qualche perplessità la soppressione del riferimento alla contrattazione collettiva, all’interno della quale, ai sensi dell’articolo 29 del dlgs 276/2003, è possibile individuare dei meccanismi di controllo e vigilanza. Fermo restando i compiti istituzionali dell’Ispettorato nazionale del lavoro, la contrattazione collettiva potrebbe e dovrebbe avere un ruolo di maggior peso nella gestione delle ricadute economiche e sociali negli appalti, in un’ottica partecipativa.