C.P.

Non sono passate più di 24 ore dalla celebrazione della XXII Giornata della memoria e dell’impegno a Locri, dalle parole dure del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che sui muri della città sono comparsi insulti, offese. “Più lavoro meno sbirri” e ancora “Don Ciotti sbirro”: sono questi i messaggi apparsi sull’arcivescovado, dove in questi giorni è ospite il presidente di Libera.
Un clima totalmente capovolto rispetto a ieri quando Locri aveva ospitato la giornata dedicata alla memoria delle 950 persone vittime della mafia e all’impegno di chi ogni giorno lotta per combattere la criminalità, organizzata da Libera e Avviso Pubblico.
Momenti pieni di emozione dove i nomi di chi è morto a causa di ‘ndrangheta, mafia, camorra, sacra corona unita, sono stati letti ad alta voce, alla presenza del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, anche lui vittima della mano feroce della mafia, quando  nel 1980 a Palermo perse  il fratello Piersanti assassinato da Cosa Nostra.
“Le mafie non risparmiano nessuno”, ha detto Mattarella. “I mafiosi non conoscono pietà e umanità, non hanno alcun senso dell’onore, del coraggio, i loro sicari colpiscono con viltà inermi e disarmati. Le mafie non risparmiano nessuno. Per questo la lotta alla mafia riguarda tutti, nessuno può tirarsene fuori. E’ una necessità per tutti, per la propria sicurezza, libertà, è necessità”.
Parole forti che hanno ricevuto il plauso di tutte le forze politiche e sindacali che condividendo il monito del Presidente della Repubblica.
“Sono ancora forti e presenti, tentano di dominare pezzi di territorio”, ha detto Mattarella. E ancora: la lotta alle mafie è “una necessità per lo Stato, che deve tutelare i diritti dei suoi cittadini e deve veder rispettata ovunque, senza zone franche, legalità e giustizia”. “Lottare contro la mafia – ha detto – non è soltanto una stringente e, certo, doverosa esigenza morale e civile. E’ anche, quindi, una necessità per tutti: lo è, prima ancora che per la propria sicurezza, per la propria dignità e per la propria effettiva libertà. Si tratta di una necessità fondamentale per chi tiene, insieme alla libertà, alla serenità personale e familiare; per chi vuole misurarsi con le proprie forze e le proprie capacità, senza padroni né padrini. Una necessità per la società, che vuole crescere libera, democratica, ordinata, solidale”.
Mattarella ha poi ricordato chi per anni si è battuto, sottolineando che “l’Italia ha compiuto passi avanti nella lotta alle mafie. Occorre sostenere il lavoro quotidiano, la rettitudine e la professionalità di tante migliaia di donne e uomini dello Stato, che ogni giorno attraverso l’azione di repressione e prevenzione contrastano le mafie. Questa lotta così dura è stata condotta sul terreno della legalità, senza mai venir meno ai diritti della democrazia”. Per Mattarella, però, dobbiamo continuare a combattere: “Accanto agli strumenti della prevenzione e della repressione, bisogna perfezionare quelli per prosciugare le paludi dell’inefficienza, dell’arbitrio, del clientelismo, del favoritismo, della corruzione, della mancanza di Stato, che sono l’ambiente naturale in cui le mafie vivono e prosperano”.
Poi il Capo dello Stato cita Giovanni Falcone: “La lotta alla mafia non può fermarsi a una sola stanza, la lotta alla mafia deve coinvolgere l’intero palazzo. All’opera del muratore deve affiancarsi quella dell’ingegnere”.
“La repressione dell’illegalità – ha aggiunto – è inseparabile dalla resistenza civile. La lotta al fenomeno mafioso non avrebbe potuto raggiungere livelli così alti senza una profonda consapevolezza dei nostri concittadini, senza un forte cambio di mentalità, senza la promozione di una nuova cultura della legalità. I giovani e le associazioni della società civile, come Libera, e tante altre, sono stati tra i motori di questo radicale e indispensabile cambiamento”.
Il presidente di Libera Don Luigi Ciotti  ha poi ribadito quanto serva “procedere uniti verso lo stesso obiettivo”, mettendo “da parte divisioni e protagonismi per la libertà e la dignità del Paese”. Nella lotta alle mafie, ha detto, “ci sono stati progressi da riconoscere ma anche ritardi, omissioni, promesse non mantenute, misure urgenti rinviate o frutto di compromessi”. Don Luigi Ciotti  punta poi il dito contro un altro male che affligge il nostro paese: la corruzione. “E’ sempre più difficile distinguere tra criminalità organizzata, politica ed economica. Ce lo dicono anche quelle inchieste dove i magistrati faticano a individuare la fattispecie del reato. Hanno in mano strumenti giudici istituiti prima che quest’intreccio criminale emergesse con forza. Dobbiamo rompere questo intreccio”.