di Annarita D’Agostino

Parte la sperimentazione dell’assegno di ricollocazione, previsto dal Jobs Act per aiutare i disoccupati nella ricerca di un nuovo impiego. Sono circa 30mila i destinatari, un campione statistico scelto dall’Anpal tra i percettori di Naspi da almeno 4 mesi; i destinatari avranno a disposizione un buono fino a un massimo di 5.000 euro per usufruire di servizi di assistenza intensiva alla ricollocazione presso un centro per l’impiego o un’agenzia per il lavoro accreditata. Una misura necessaria, considerando che la bolla di sapone della nuova occupazione creata dal Jobs Act si è dissolta con la fine degli incentivi alle imprese e che il provvedimento non ha fatto altro che intensificare la precarietà del mondo del lavoro.
L’assegno non viene erogato direttamente all’utente ma agli operatori, che vengono retribuiti solo alla firma di un contratto di lavoro. L’intervento ha una durata di sei mesi, prorogabile per altri sei nel caso non sia stato consumato l’intero ammontare dell’assegno. La somma a disposizione si dimezza in caso di contratto a termine, che deve comunque avere una durata di almeno 6 mesi, mentre varia da 1.000 a 5.000 euro in caso di contratto a tempo indeterminato. Ovviamente, su tutto ciò fermo restando che il concetto di ‘stabilità’ del posto di lavoro è diventato sempre più opinabile dopo l’introduzione del contratto a tutele crescenti, occupazione ‘stabile’ per il governo anche se priva delle garanzie offerte dai veri contratti a tempo indeterminato.
L’ammontare dell’assegno sarà inoltre graduato in funzione della difficoltà di reinserimento: più debole sarà la posizione del disoccupato nel mercato del lavoro, più alto sarà l’assegno.
Secondo il presidente Anpal, Maurizio Conte, “l’assegno di ricollocazione è la prima misura nazionale di politica attiva e rappresenta per il nostro Paese un radicale cambio di prospettiva. Non si tratta di un sussidio alla disoccupazione, bensì di un buono per accedere a un percorso personalizzato di accompagnamento al lavoro, seguito da un tutor dedicato”. Ma, nell’assenza di politiche capaci di creare nuovi posti di lavoro e nella disorganizzazione dei servizi per l’impiego, nutrire dubbi sulla validità di questa misura è quasi d’obbligo.