Poche in regola anche se per le famiglie sono una risorsa preziosa. Stiamo parlando delle collaboratrici domestiche: solo il 60% di loro è regolare mentre il restante 40% o lavora e risiede irregolarmente in Italia oppure, pur risiedendo in maniera regolare nel nostro Paese, lavora senza contratto. Un settore questo in cui restano ancora alti i casi di infortunio: ben 4.820 nel 2015 di cui 12 con esiti mortali. Ad essere colpite sono soprattutto le donne.
I dati sono frutto di una ricerca condotta dall’Anmil. Nel nostro Paese, secondo lo studio, ci si avvale maggiormente dell’aiuto di badanti, tant’ che nel 2015 si registra un aumento del 2,2%, con un incremento del 13 per cento delle lavoratrici di nazionalità italiana. Le colf invece sono in diminuzione, con un calo pari al 5,4% che, spiega l’Anmil, risente del minor numero di lavoratrici provenienti dall’Asia Orientale (-13,6%) e dall’Africa del Nord (-13,2%); ma anche nel caso delle colf, le lavoratrici italiane fanno registrare una variazione in controtendenza (+0,3%). Proprio questo dato porta, secondo l’Associazione, ad una riflessione ulteriore: in tempi di crisi in cui il lavoro scarseggia “le italiane si riavvicinano a quei lavori che, fino a pochi anni fa, venivano praticamente snobbati”
Roma, Milano e Torino sono le prime tre province italiane per numero di badanti: la capitale, con i suoi 104.000 iscritti all’Inps, raccoglie il 14,7% del totale di colf e badanti, Milano l’11,5% e Torino il 4,4%.
Chi sono le colf e badanti che lavorano in Italia. Sono soprattutto donne, sia italiane che straniere. Nel primo caso hanno mediamente 46 anni e lavorano 20 ore la settimana per 36 settimane lavorative all’anno. Le straniere, invece, sono più giovani delle italiane (in media hanno 41 anni) lavorano per 28 ore settimanali  e dichiarano 34 settimane lavorative all’anno. Il 57,3 per cento di loro proviene dall’Est Europa, il 20,5% dal continente asiatico, il 10,8 per cento dal Sud America e il restante 9,4 per cento dall’Africa.
Tanti ancora i casi di infortuni. Negli ultimi cinque anni ci sono stati circa 5.000 casi l’anno, una decina di questi mortali (con un minimo di 6 decessi nel 2013 e un massimo di 16 nel 2014). Un fenomeno che riguarda in particolare le donne: la quota delle infortunate sul totale, in linea con quella delle occupate del settore, si attesta stabilmente sul 90 per cento dei casi. L’Anmil, ricordando i dati dell’Inail, specifica che le regioni dove si verifica il maggior numero di infortuni tra le lavoratrici domestiche sono “quelle dove più elevata è la loro presenza, vale a dire prevalentemente le regioni del Centro-Nord. Prima fra tutte è la Lombardia dove nel 2015 si sono verificati 720 infortuni, seguita da Emilia Romagna con 575, Toscana con 526, Lazio e Piemonte con 409, Veneto con 307. In tutte le regioni la quota di incidenti femminili sul totale regione si attesta intorno al valore medio nazionale vicino al 90%, tranne che in Sicilia dove la percentuale femminile scende al 74,8%. Le comunità di lavoratrici domestiche straniere che nel 2015 hanno subito il maggior numero di infortuni sono quella rumena (798 infortuni), ucraina (414), moldava (331), peruviana (226) e filippina (192). Anche nell’ambito delle lavoratrici straniere la quota di donne infortunate sul totale della stessa comunità si attesta intorno al 90%, “con valori – spiega l’Anmil – ancora superiori per le comunità dell’est europeo (Bulgaria, Ucraina, Romania, Moldavia, Polonia), mentre la comunità dello Sri Lanka risulta pari ad appena il 61,6% e quella filippina al 75,8%, a testimonianza di come anche molti uomini di queste comunità siano impegnati in attività di servizi domestici. Dei 7 infortuni mortali di cui sono state vittime colf e badanti straniere, ben 3 ha colpito lavoratrici filippine”.