di Claudia Tarantino

 

La notizia, di cronaca, è il crollo di un ponte sull’Autostrada A14 nel tratto che collega Loreto ad Ancona Sud. Due vite spezzate, quelle di due persone che – qualcuno potrebbe dire – si sono trovate ‘nel posto sbagliato nel momento sbagliato’. Approfondendo, però, la vicenda attraverso le prime indagini condotte dalla Polstrada, viene fuori che quelle due persone non erano affatto in un ‘posto sbagliato’ perché, mentre sul cavalcavia si stavano svolgendo lavori di manutenzione e ampliamento, la strada sottostante non era stata interdetta al traffico.

Seguiranno le indagini della Società Autostrade per l’Italia “per accertare eventuali errori umani”, quelle della commissione ispettiva di esperti nominata d’urgenza dal ministro Delrio per valutare se esistano “i presupposti per ipotizzare il reato di disastro colposo”. Fatto sta, però, che due persone sono morte, tre sono rimaste ferite e un evento del genere non è il primo che si verifica.

A luglio 2014 il viadotto Petrulla, in provincia di Agrigento si è letteralmente sbriciolato; pochi mesi dopo il viadotto Scorciavacche tra Palermo e Agrigento ha ceduto il giorno dopo l’inaugurazione; poi è imploso un pilone sull’autostrada Palermo-Catania. Se ci fermassimo a questi tre episodi, sembrerebbe un problema della viabilità siciliana. Invece, oltre al tragico incidente marchigiano di ieri, che si è verificato sulla principale arteria che collega il Nord al Sud, in una delle aree a più alta densità industriale della costa adriatica, qualche mese fa a Lecco, sulla superstrada 36, in una delle aree più prospere ed operose d’Europa, la Brianza, il cavalcavia non ha retto al passaggio di un tir ed è crollato facendo un’altra vittima.

Allora, il comune denominatore non è da ricercare nella collocazione geografica del manto stradale o nella capacità economica e produttiva delle aree in cui esso si trova. A ben vedere, nemmeno nell’usura di valichi, passanti e viadotti che non vengono tempestivamente riparati e consolidati. A crollare, infatti, non sono vecchie strade romane e a sbriciolarsi non sono ponti storici, ma opere nuove, appena realizzate, addirittura inaugurate e – per fortuna – non ancora utilizzate.

Così, l’analisi si sposta ai progetti, agli errori di calcolo e valutazione, forse anche all’eccessiva superficialità con cui spesso si fanno le cose. E, di fronte a tutto questo, le nuove grandi opere annunciate dal Governo fanno quasi paura.