di A.D.

L’hanno definito “monstre”: è il super-taglio al welfare che sarebbe stato suggellato da un accordo fra il ministero dell’Economia e delle Finanze e le Regioni lo scorso 23 febbraio. Se i tagli alla spesa sociale non sono una novità per il nostro Paese, a fare la notizia sono le cifre circolate: il Fondo per le Politiche sociali sarebbe decurtato di circa due terzi e passerebbe da 313 milioni di euro a soli 99,7. In un Paese che già ha, secondo il Rapporto annuale Istat 2016, uno dei sistemi di protezione sociale meno efficaci d’Europa, la scure si abbatterebbe sui finanziamenti agli asili nido, all’assistenza domiciliare, ai centri anti-violenza. Ai non autosufficienti sarebbero tolti 50 milioni, riducendo il Fondo per la non autosufficienza da 500 a 450 milioni di euro. Una prospettiva che ha ovviamente sollevato un’ondata di critiche da parte di sindacati e associazioni.
Un velo di mistero, inoltre, avvolge la notizia del super-taglio, visto che il sottosegretario alle Politiche sociali, Luigi Bobba, rispondendo ad un’interrogazione parlamentare, ha dichiarato: “Il fatto è di una gravità inaudita. Il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali non ha partecipato al confronto e questa assenza costituisce un’aggravante perché conferma come le scelte per la salute siano totalmente subordinate a fattori economici”. Le nuove decurtazioni seguirebbero infatti quella da oltre 400 milioni di euro che ha assottigliato il Fondo sanitario nazionale per compensare la mancata volontà delle Regioni a statuto speciale di contenere la spesa. Ma, soprattutto, il super-taglio sarebbe fonte di imbarazzo e di perdita di credibilità per l’esecutivo dato che il ministro Poletti in persona aveva promesso ulteriori finanziamenti e uno “sforzo in più” a favore dei più deboli.