Dopo l’onda d’urto della Brexit che si è infranta soprattutto e per adesso ‘solo’ sull’opinione pubblica, l’unica soluzione per favorire una maggiore integrazione e quindi per il consolidamento di una casa comune sembra ormai essere un’Europa a due velocità.
È questa la convinzione emersa nel corso del minivertice a quattro, svolto ieri a Versailles, tra i governi pro-Europa, che ha visto per protagonisti i leader di Francia, Germania, Italia, Spagna e quindi Hollande, Merkel, Gentiloni, Rajoy . Il minivertice è stato una sorta di anticipazione del Consiglio europeo del 9 e 10 marzo a Bruxelles e delle celebrazioni del 60esimo anniversario dei Trattati di Roma (25 marzo).
L’idea di massima è condivisa ma declinata con diverse sfumature. Una cosa però è certa e condivisa: “Se ci fermiamo ora, tutto quello che abbiamo costruito potrebbe crollare”, è stato il senso delle dichiarazioni. Quindi, nonostante la Brexit, “noi andiamo avanti”. Già, ma come?
Restando aperti a eventuali futuri ingressi nell’Ue, – è l’opinione dei quattro – rafforzando le cooperazioni verso il resto del mondo, garantendo sviluppo economico, sicurezza e difesa, tenendo sotto controllo le migrazioni e guardando oltre i confini verso Africa, Siria, ma anche verso Stati Uniti, Russia, Ucraina.
Il nostro premier Paolo Gentiloni ha chiesto un’Europa “più integrata”, Angela Merkel invoca una Europa di “prosperità che crea posti di lavoro”. Forse queste parole le abbiamo già sentite. Staremo a vedere come riusciranno i ‘nostri erori’, che poi sono se gli stessi che fino ad oggi hanno sostanzialmente fallito.
Nel frattempo, il Regno Unito ha scelto di rilanciare il ‘modello Commonwealth’ attraverso un summit dei 52 Paesi aderenti che si terrà a Londra negli stessi giorni del nostro Consiglio europeo (9 e del 10 marzo)

Ma gli intenti poi si infrangono sulla realtà
Se il vertice a quattro è servito ad immaginare il futuro, il presente sembra dimostrare ben altro. La Germania non è soddisfatta della dichiarazione che i 27 Paesi Ue stanno preparando per il vertice del 25 marzo a Roma per la celebrazione del 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma, occasione più che mai utile a ribadire e rilanciare un messaggio di possibile unità in Europa. Ma troppo forti sono state le divergenze tra i Paesi membri nell’elaborazione di un testo comune.
Per Michael Roth, sottosegretario agli Esteri tedesco, i leader europei il 25 marzo devono mettere in chiaro che l’Ue è più di un mercato comune e ribadire le alte ambizioni europee in termini di visione democratica e stato di diritto, evidenziando che “troppi giovani oggi rischiano di finire preda di nazionalismi e populismo”. Ma anche il premier slovacco Robert Fico c’è andato molto pesante definendo i preparativi per Roma “patetici”.
Il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, ha proposto cinque opzioni da mettere sul tavolo a Roma che vanno dal non fare nulla (davvero inaudito) passando per il restituire alcuni poteri agli Stati membri, arrivando a lanciare un progetto di Europa “a due velocità”. Proprio l’opzione sottoscritta, come abbiamo già detto, con diverse sfumature al vertice quadrilaterale di ieri a Versailles. Che tuttavia ha trovato molti Paesi membri contrari, soprattutto quelli del Centro-est europeo.
Benvenuta Brexit.