Il ministro delle Finanze greco, George Papaconstantinou, in un’intervista a Bloomberg Tv, ha detto che la Grecia non lascerà l’Eurozona ma avrà comunque bisogno di un quarto piano di salvataggio.
Il debito della Grecia è diventato insostenibile e ora la soluzione migliore per il Paese, visto che neanche il Fmi non si fida del suo piano di rientro, è firmare un nuovo accordo perché uno stallo metterebbe troppo a rischio l’economia. Pur se dalle sue parole si capisce la sua volontà di favorire la firma di un accordo tra Atene e i creditori internazionali, Papaconstantinou ha tuttavia definito “irragionevole” l’obiettivo di un surplus primario del 3,5%: “è un target che avrebbe un costo enorme per l’economia” – ma forse sarebbe meglio dire per la società – che così “non avrà più spazio per crescere”. Per questo ha chiesto un obiettivo di avanzo primario “più basso”.
Ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, prima dell’inizio della riunione odierna a Bruxelles ha detto che il “primo obiettivo” dell’Eurogruppo è che la missione tecnica delle istituzioni coinvolte nel programma di assistenza finanziaria alla Grecia possa tornare ad Atene, per lavorare sulle riforme necessarie all’esborso di un nuovo prestito.
“Abbiamo fatto molta strada – ha detto Dijsselbloem – e vedremo nell’Eurogruppo se ne abbiamo fatta abbastanza”. Ovviamente “la posizione del Fmi è invariata: sono molto disponibili a partecipare al programma e sono in linea di principio pronti ad andare davanti al loro consiglio, ma la loro domanda è sempre stata: ‘È un programma serio, con riforme profonde e un debito sostenibile?’, ha continuato Dijsselbloem.
Il punto è che il primo passo, secondo Dijsselbloem, deve essere fatto con il Fondo Monetario Internazionale. Il problema non è neanche la liquidità che sembrerebbe essere disponibile almeno fino all’estate, il problema è la continuità della ripresa economica, la stabilità e la fiducia. Che, tuttavia, diventa difficile garantire se poi a pagarne le spese saranno soprattutto e ancora una volta i cittadini, già stremati. Sembra un disco rotto.
Non sarà un caso se qualcuno in casa nostra ha pensato di unirsi “contro la nuova politica di austerity in Grecia”: si sono mobilitate le personalità del mondo politico, accademico, sindacale e dei media. Che forse se si mobilitassero con la stessa coralità, ma in modo bipartisan, per l’Italia non sarebbe un cattivo servizio. Si tratta di un appello a tutte le forze democratiche greche “a prendere posizione e a mobilitarsi” e al governo italiano “di sostenere la Grecia” all’Eurogruppo di oggi e al vertice del 25 Marzo. Il tutto in nome di un’Europa che possa essere “diversa e migliore, quella dei suoi popoli e dei suoi principi democratici”. Sono 14 i firmatari dell’appello tra cui il costituzionalista Stefano Rodotà e il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso.
“La Grecia – hanno spiegato in una nota – ha intrapreso la strada per uscire dalla crisi” ma Fmi e Commissione Ue “pretendono nuove misure di austerità”, misure che reputano “ingiuste, dannose ed inaccettabili”. L’Europa “deve e può uscire dalla crisi unita e solidale cambiando politica e riscrivendo i Trattati ingiusti, creando un grande programma di investimenti pubblici e privati per far ripartire le sue economie e creare posti di lavoro veri per la prosperità di tutti i suoi cittadini”. Secondo i firmatari servono “scelte urgenti soprattutto per restituire speranza e fiducia nel futuro si giovani europei”.