di Annarita D’Agostino

L’Istat intravede prospettive di miglioramento dell’attività economica del nostro Paese. Ma, con lo spread a livelli record e i consumi ancora al palo, più che una vera oasi, sembra che la ripresa segnalata dall’Istituto sia un miraggio all’orizzonte.
Secondo la nota mensile sull’andamento dell’economia italiana, la fiducia delle imprese è aumentata in tutti i principali comparti, ad eccezione del commercio al dettaglio. A gennaio, l’indice del clima di fiducia dei consumatori ha però segnato una diminuzione, legata al peggioramento del clima economico futuro.
L’incertezza continua a pesare, quindi, sui consumi, che, come ha segnalato già Confcommercio, stentano a ripartire. Per l’Istat aumentano di appena lo 0,3%, ma la propensione al risparmio è in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. I segnali di rafforzamento dell’inflazione, che l’Istat conferma a gennaio 2017, risentono dei rincari degli alimentari freschi, causati da fattori climatici avversi, e del progressivo recupero dei prezzi dei beni energetici. Escludendo gli ultimi due raggruppamenti, la dinamica dei prezzi si conferma ancora contenuta e nuovamente in rallentamento, attestandosi a +0,5%, un livello analogo a quello medio del 2016.
Nel trimestre settembre-novembre l’indice della produzione industriale è aumentato in media dello 0,9% su base congiunturale, trainato dalla robusta crescita dell’energia (+7,5%), mentre i beni di consumo durevoli e i beni strumentali hanno segnato una diminuzione (rispettivamente -1,0% e -0,6%). L’indice del fatturato dell’industria è aumentato invece dello 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti ma essenzialmente per la crescita delle vendite sui mercati esteri, che hanno determinato anche la contrazione degli ordinativi.
La ripresa dell’occupazione ha riguardato unicamente gli ultracinquantenni (+1,3%), mentre è stata registrata una riduzione degli occupati per tutte le altre fasce di età. Tuttavia, al netto degli effetti demografici, a dicembre 2016 la performance occupazionale è risultata, su base tendenziale, positiva in tutte le classi di età. In particolare, l’occupazione per la fascia di età 15-49, al netto del calo demografico, risulterebbe positiva (+76 mila unità). Aumenta però la precarietà: il numero di occupati dipendenti a tempo indeterminato diminuisce (-0,3%, -39 mila unità), a fronte di un aumento dei dipendenti a termine (+1%, +25 mila unità) e degli occupati indipendenti (+0,2%, +8 mila unità).
Inoltre, il tasso di disoccupazione è salito nel corso del trimestre dall’11,8% (ottobre) al 12% (novembre e dicembre), tornando così ai livelli di inizio 2015, a fronte di una diminuzione complessiva degli inattivi (-0,6%). Nella media del 2016 la retribuzione oraria è cresciuta dello 0,6% rispetto all’anno precedente. Rimane comunque elevata la quota dei dipendenti in attesa di rinnovo per il totale dell’economia (50,5%).
Le prospettive di miglioramento segnalate dall’Istat non riescono dunque a sfondare il muro dello “zero virgola”, sul quale inoltre pesa, anche oggi, lo spread sopra quota 200, spinto al rialzo dall’incertezza politica ed economica. La richiesta di una manovra correttiva da 3,4 miliardi di euro continua ad essere al centro del confronto tra il governo italiano e la Commissione europea: l’esecutivo ha assicurato un aggiustamento del Pil e un mix di tagli di spesa, rimodulazione delle agevolazioni fiscali, rafforzamento di misure anti-evasione, oltre ad eventuali interventi sulle accise. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha dichiarato che “per il governo la riduzione del debito resta un obiettivo centrale”, sottolineando che “le vicende di questi ultimi giorni e di queste ultime ore ci ricordano in modo sgarbato come un Paese ad alto debito non possa non occuparsi della sua discesa”. Parole che, come le previsioni Istat, non bastano a rassicurare i mercati finanziari né, soprattutto, a convincere le famiglie italiane che si possa tornare a guardare al futuro con maggior serenità.