di Giovanni Magliaro

Un paio d’anni fa è uscita nelle librerie una nuova edizione di Carta da Visita, il libro che Ezra Pound scrisse in italiano e pubblicò per la prima volta nel 1942. Il lavoro fu ripubblicato in edizione limitata nel 1974. L’attuale edizione (Bietti, pagine 106, euro 14), curata da Luca Gallesi, si avvale di una corposa introduzione del curatore che inquadra mirabilmente, coinvolgendo il lettore, la complessa ed affascinante figura di questo grande poeta e pensatore che ha lasciato un’orma indelebile nel panorama del secolo ventesimo.

Ezra Weston Loomis Pound è stato un poeta, saggista e traduttore statunitense

Ezra Weston Loomis Pound, poeta, saggista e traduttore statunitense

Quando Carta da Visita viene pubblicato per la prima volta siamo nel pieno della seconda guerra mondiale che vedeva uno scontro sanguinoso senza precedenti. Oggi, come ci ricorda il curatore del libro, l’Europa e il resto del mondo non sono in guerra come allora, ma la situazione è altrettanto drammatica. Il colonialismo di un tempo è divenuto ora “delocalizzazione”, i signori dell’oro sono diventati operatori di borsa e i popoli delle nazioni occidentali paventano un disastroso  tracollo economico. Pound era stato facile profeta. Dai microfoni di Radio Roma, proprio nel 1942, aveva detto :” Il nemico è Das Leihkapital, il capitale errante internazionale”. In quegli anni, quando molti intellettuali erano  impegnati su altri fronti, Pound doveva risultare quantomeno eccentrico e forse stravagante con la sua “fissazione” sulla necessità prioritaria di combattere contro la speculazione finanziaria. Oggi, dopo settant’anni, la profezia di Ezra Pound è chiara a tutti. Oggi che  il predominio del capitalismo finanziario, con tutte le sue conseguenze nefaste in tanti campi della vita di interi popoli, è più che evidente ed è oggetto di studi e di attenzioni crescenti. Oggi il suo monito contro “la banca che trae beneficio dall’interesse su tutta la moneta che crea dal nulla”, come recita nel Canto 46, è di una evidenza solare.

Le idee economiche di Pound e la sua eterna invettiva contro l’usura (che è stata tradotta in versi mirabili dei Cantos) si è cercato spesso di farle passare da molti come fantasticherie bislacche di un genio poetico. Ma gli avvenimenti di questi ultimi anni e la realtà che stiamo vivendo in questo periodo sconfessano tali critici superficiali. Certo, Pound non era un economista. Era soprattutto un poeta, forse il più grande del ventesimo secolo ( e uno scopritore di poeti e di scrittori – basti ricordare Eliot, Joyce ed Hemingway) ma, come ricorda Giano Accame nel suo libro Ezra Pound Economista, ” nessuno ha mai patito tanto nel tentativo di dare epica dignità ai misteri dell’economia, indagando e scuotendo non solo con furore ereticale, ma con umana pietà, con compassione, questa scienza, che così spesso ne è priva nei suoi ben remunerati conformismi”. Ma alla luce di quanto accaduto, anche recentemente, possiamo affermare che aveva visto più chiaramente questo poeta settant’anni fa di tanti soloni di professione economisti dei nostri tempi che non sono riusciti a comprendere quello che stava accadendo sotto il loro naso e si sono fatti (o si sono voluti far) sorprendere troppo spesso dagli avvenimenti.

Carta da Visita è un insieme di aforismi incisivi, di battute polemiche, di considerazioni profonde. Il tutto non sempre di immediata comprensione. Il filo rosso che lega questo insieme sono le certezze sull’economia e sull’usura in tutti i suoi multiformi aspetti. “Nessun uomo libero da parassiti mentali tollererebbe la camorra delle banche” oppure ” Le rivoluzioni dell’ottocento definivano il concetto di libertà : diritto di far tutto ciò che non danneggia gli altri. Ma con la decadenza della democrazia questa definizione è stata tradita a favore degli usurai e degli speculatori” oppure ancora ” Dire che uno Stato non può fare e creare perché manca denaro è ridicolo quanto dire non può fare strade perché mancano i chilometri”. Sono solo alcuni di questi aforismi.

Come ricorda Gallesi, Pound denuncia la guerra perenne tra oro e lavoro, tra chi specula e chi fatica, tra gli usurai e gli uomini liberi. Lui si schiera sempre a favore di questi ultimi. Scelta mai rinnegata e di cui pagherà dignitosamente tutte le conseguenze. E le conseguenze sono note a tutti : l’arresto nel maggio 1945 a Chiavari, il trasferimento nella “gabbia” di Pisa, l’incarcerazione senza condanna e la detenzione senza processo  per tredici anni nel manicomio criminale di Washington, poi la liberazione e il ritorno in Italia fino alla morte avvenuta a Venezia il 1 novembre 1972. Nel frattempo il capolavoro assoluto e senza tempo, i Pisan Cantos.