Il sorriso e gli occhi di Fabrizia  – in quegli scatti di vita pubblicati sulle prime pagine di ogni giornale –  trasmettono ancora tanta speranza. Ma il tempo che scorre e ci separa dall’attentato di lunedì sera a Charlottenburg affonda una lama nel cuore della famiglia, dell’Italia e di tutta l’Europa: in quella piazza in festa quel maledetto tir ha distrutto la magia del Natale ed è proprio lì che sono stati ritrovati il cellulare e i documenti della giovane abruzzese. Lì dove 12 persone hanno perso la vita (di cui sono state identificate solo sei vittime tedesche e l’autista polacco) e circa 48 sono rimaste ferite. Della giovane, invece, non si hanno notizie da quella sera.

Il primo a sapere è stato il papà. Era a Sulmona davanti alla tv e hanno interrotto le trasmissioni per dire della strage. A Charlottenburg. Proprio dove ha sempre lavorato Fabrizia. Un brivido gela il sangue. Gaetano Di Lorenzo ha preso il cellulare e provato a chiamare e a chiamare ancora e a richiamare e a riprovare. Niente. Sempre a vuoto. Alla decima volta qualcuno ha risposto, in tedesco: «Abbiamo capito che era finita all’una e mezza di notte — dice ora mentre sta per raggiungere la moglie e il suo ragazzo già arrivati in Germania —. Siamo stati noi a chiamare la Farnesina. Mio figlio è lì ad aspettare l’esame del Dna, ma non m’illudo. Non dovrebbero esserci dubbi…».L’ambasciatore Piero Benassi assiste la famiglia all’obitorio, serve comunque il riconoscimento. Ma la Procura di Roma ha già aperto un fascicolo e per terra col telefonino c’era l’abbonamento della metropolitana — «Name: Di Lorenzo» — e nelle celle frigorifere rimangono quegli otto corpi difficili da ricomporre.

«Questa mattina Fabrizia non s’è presentata al lavoro», è la dichiarazione della 4Flow, e il tono è delicato: se non si presenta una ragazza così, che in tanti anni d’Erasmus alla Freie Universität e di servizio alla Bosch non marcava mai visita, il motivo è il più grave.

Chi è Fabrizia

fabriziaFabrizia è figlia di un’Italia che non offre prospettive. E’ ‘sorella’ di tanti giovani che ‘fuggono’ a malincuore dal loro Paese di origine per dare un senso ad anni di studio e sacrifici. Fabrizia è ‘sorella’ di Valeria Solesin, 28 anni, vittima dell’attentato di Parigi al Bataclan, lo scorso anno, e dottoranda in demografia nella prestigiosa Università della Sorbona. Fabrizia è nostra sorella e la tensione e il dolore che sta vivendo in queste ore la sua famiglia ci appartiene.

Ha 31 anni ed è originaria di Sulmona. Dopo aver conseguito una laurea magistrale in Scienze internazionali e diplomatiche all’Università di Bologna e un master alla Cattolica di Milano in tedesco per la comunicazione economica – nel 2013 – decide di tentare la sua ‘fortuna’ a Berlino. Ed è lì che ritrova il calore dell’ accoglienza, lavorando prima per la Bosch e ora per la 4flow Ag, società tedesca che si occupa di servizi e logistica trasporti.

Fabrizia appartiene alla cosiddetta generazione Erasmus e aveva compiuto parte degli studi alla Freie Universität Berlin, scegliendo un percorso formativo orientato all’integrazione tra i popoli e alla lotta alla discriminazione. Il suo sogno sarebbe stato, come per tanti giovani ‘in fuga’, quello di poter ritornare un giorno in Italia e ricongiungersi al suo nido familiare e ad una regione, l’Abruzzo, che seppure debole sotto il profilo economico ed occupazionale continua a racconta d’amore e di vita.

La giovane sarebbe dovuta rientrare in Italia domani per trascorrere in famiglia le vacanze e, molto probabilmente, aveva raggiunto il mercatino proprio per gli ultimi frettolosi acquisti di Natale.

Focus su attentato

Mentre l’Isis rivendica l’attacco continua la caccia al killer. La tensione è ormai alle stelle in tutta Europa per l’uomo (o a più di un uomo) responsabile dell’attentato. La polizia tedesca infatti ieri sera, dopo aver rilasciato il richiedente asilo pachistano indicato in un primo momento come responsabile, ha invitato la popolazione alla massima allerta visto che l’esecutore dell’attacco è ancora a piede libero e presumibilmente armato.
Lukasz Urban, questo il nome del conducente del tir, non è stato ucciso subito ma ha provato a evitare la strage scatenando una lotta nella cabina, cercando in tutti i modi di deviare la traiettoria del suo mezzo. E, citando fonti investigative, aggiunge che sul suo corpo sono state riscontrate ferite da taglio e che era ancora vivo al momento della strage. Forse è proprio grazie alla sua strenua difesa che il tir non ha proseguito la sua rotta omicida ma si è fermato a metà del mercatino. L’autista polacco ha cercato di evitare la strage, ha provato in tutti i modi di opporsi all’uomo che gli aveva sottratto il camion per compiere la strage. Oggi a Berlino è in visita il ministro degli Esteri Angelino Alfano, che farà tappa nella capitale tedesca nell’ambito di un giro delle capitali europee, iniziato ieri a Parigi e Londra e che lo porterà anche a Madrid e che si concluderà a Pristina.