Unicredit manda a casa 14.000 dipendenti e chiude 900 filiali in Italia. Si chiama “Transform 2019” e non è un nuovo giocattolo da mettere sotto l’albero di Natale per i nostri figli o nipoti, ma il piano industriale che il manager francese di Unicredit, Mustier, ha illustrato ieri, da Londra, ai mercati finanziari ed agli attoniti sindacalisti del Gruppo.
Un piano ‘lacrime e sangue’ che prevede 14 mila esuberi complessivi nei prossimi due anni, di cui 3.900 “nuovi” – rispetto al vecchio piano – solo in Italia!
La Borsa ha “festeggiato” la buona notizia facendo salire del 16%, in un giorno, il valore delle azioni della banca di fronte alla promessa di un ritorno all’utile – e che utile: 4,7 miliardi! – nel 2019.
Ma il piano di Mustier merita di essere, seppur sinteticamente, spiegato meglio per comprenderne tutta la “diabolicità” e pericolosità.
Intanto va visto il corollario, diciamo così, finanziario: ci sono, infatti, alcune operazioni che hanno preceduto o accompagnato l’uscita londinese che fanno parte integrante della “manovra” messa in atto dal manager transalpino.
E queste manovre gridano vendetta a Dio. La più grave, sicuramente, è la vendita ai francesi di Amundi della “fabbrica prodotto” Pioneer che priva UniCredìt e l’Italia di uno strumento fondamentale per “difendere”, sui mercati azionari, gli asset nazionali.
La delocalizzazione della SGR indebolisce il sistema Paese più di quanto già non lo sia difronte ai continui e ripetuti attacchi che da Parigi arrivano, oramai quotidianamente, su tutti i fronti: da quello bancario a quello televisivo fino a quello delle telecomunicazioni.
Non ci sarà nessuno, insomma, a comprare titoli italiani per difendere le nostre aziende quotate o “di Stato” dagli attacchi speculativi.
Poi c’è l’uscita da Pekao, la controllata – al 40% – polacca, e la vendita di 17,7 miliardi di NPL – le “sofferenze”, per dirla in italiano, cioè i crediti difficilmente recuperabili – a completare un quadro finanziario che vedrà Unicredit, l’anno prossimo, andare sul “mercato” per proporre ai risparmiatori la più grande operazione di ricapitalizzazione mia tentata prima nel nostro Paese:13 miliardi!
Che lingua parlerà la banca dopo quella data è difficile, o forse no!, dirlo: sicuramente perderanno ulteriormente “peso” le Fondazioni bancarie che avevano apportato capitali e strutture pubbliche e centenarie nel progetto iniziato con la privatizzazione del Credito Italiano (dicembre del1993) e proseguito, con il beneplacito di Bankitalia, da Profumo & Co. negli anni successivi.
Il piano prevede anche la chiusura di circa 900 (!) filiali in Italia e sarà interessante capire dove – geograficamente parlando – calerà la scure delle dismissioni.
“Transform 2019” rappresenta comunque un’idea piuttosto chiara di come funziona il capitalismo ed il sistema del credito in questo Paese: a fronte di una riduzione del personale che “vale”, per l’azienda, 1,1 miliardi, ci saranno investimenti per 1,6 miliardi per “rafforzare l’infrastruttura informatica” andando verso quella banca “digitale” tanto cara a Mustier, quanto attesa dai profeti dell’impresa 4.0….
Imprese e famiglie, insomma, si confronteranno con un computer o un robot per far apprezzare, ad una raffinata intelligenza artificiale, il proprio “merito di credito”: auguri!
Unica notizia positiva è che dei tre attuali vice presidenti, due, a scelta tra Montezemolo, Palenzona e Calandra, dovranno andare a casa.
Intervenendo ieri alla Camera dei Deputati, il nuovo Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ha affermato che il suo Governo si impegnerà per “garantire gli Istituti bancari ed i risparmi dei cittadini”: probabilmente non ha capito o non è stato informato su cosa sta succedendo non solo in MPS ma anche in Unicredit e, certamente, si è dimenticato di “promettere” altrettanta attenzione sulle sorti dei dipendenti delle banche italiane.