di Daniele Milani

La scomparsa di Fidel Castro ha indotto tutti i commentatori ad una serie di considerazioni sulla parabola politica di un uomo che ha segnato l’epoca del comunismo che una volta si riteneva trionfante.

Soleva ripetere Louis Aragorn, intellettuale francese del dopoguerra, facendo proprio un pensiero di Paul Vaillant Couturier, di essere diventato comunista intravedendo in quell’idea les lendemains qui chantant, i giorni a venire che cantano

In effetti con il compiersi, a Cuba, della rivoluzione castrista sembrava, almeno a coloro che quell’idea avevano perseguito con una tenacia ed una spregiudicatezza che non aveva avuto uguali nella storia, che non ci fosse più limite al avverarsi del loro sogno.

Non potevano immaginare che la realizzazione di quell’idea si sarebbe traformata in un sogno avveratosi per alcuni (pochi) e in un incubo per altri ( molti e poi tutti).

La funzione del castrismo e quindi del comunismo caraibico fu proprio quella di mostrare al mondo la faccia presentabile, ( e poi fino ad un certo punto), di un idea applicata alla storia che altrove, e massimamente nei regimi dell’est, era connotata da un fallimento strutturale con tutte le conseguenze inevitabili, in senso di fame, morte, schiavitù e oppressione totale dei popoli che avevano avuto la sventura di trovarsi a vivere in quelle terre trasformate, in quegli anni in un Gulag senza fine e senza confine.

A Cuba, dopo la rivoluzione e fino alla fine dell’URSS che determinò, almeno in ambito economico, e con la concorrenza dell’embargo americano, l’impossibilità di sussistenza in vita dell’isola, in qualche modo, si cercò di dimostrare che il comunismo poteva funzionare.

Questo fu il grande controregalo che Castro fece all’ impresentabile Unione Sovietica che sosteneva il suo regime.

Facile, diciamo noi, far funzionare il comunismo a Cuba: Tropico e belle donne, rumba e mare da sogno, musica e sigari habanas. La fame si dimentica, così come cadono nell’oblio le persecuzioni, pure avvenute, le carceri piene di dissidenti, le esecuzioni sommarie la sostanziale oppressione del dissenso.

Gli abitanti dello sterminato territorio sovietico e quelli dei paesi inclusi nella cortina di ferro hanno subito una sorte diversa: non è stato facile per tutti   quegli uomini e donne coniugare l’oppressione del regime con una vita al limite del vivibile anche per condizioni climatiche, geografiche e ambientali.

A Cuba chi veniva mandato in un campo di concentramento perché dissidente poteva cantare e ballare al sole dei Caraibi, in Urss chi veniva rinchiuso in un gulag, magari  nella taiga siberiana, poteva solo morire di stenti. E non è esattamente la stessa cosa.

Questa dunque fu, negli anni passati la funzione, di Fidel;  il lider maximo, ovviamente con l’aiuto dei media a lui vicini per idee e convinzioni, : coprire le nefandezze del comunismo internazionale, cercare di far credere che tale idea potesse essere piacevolmente realizzata.

Ma il merito (se di merito si può parlare) non fu suo.

Se al posto di Fidel ci fosse stato Berian, forse anche lui, tra un Mojito e una rumba, ancorchè intervallati con un processo ed un’ esecuzione capitale, sarebbe passato alla storia come l’artefice di un comunismo dal volto umano.

Comunque è una storia finita. Parce sepulto.