Diciotto mesi intensi di campagna elettorale, di scontri e di polemiche. Con un finale davvero sorprendente: Donald Trump è il 45esimo presidente degli Stati Uniti. Dopo Barack Obama, è lui il nuovo inquilino della Casa Bianca, guida della superpotenza. Il repubblicano Trump ha conquistato la Casa Bianca assicurandosi almeno 290 grandi elettori, lasciando Hillary Clinton a quota 218.
Anche alla vigilia, lo davano per sconfitto, ma era rimasto in scia della Clinton nonostante i vari scandali. E, come un vecchio ritornello, continuava ad accusare i media, rei di inventarsi quei sondaggi secondo lui fasulli. La battaglia durissima si è combattuta sulle spiagge della Florida, con i suoi pesantissimi 29 Grandi Elettori, ma non solo. Perché è in altri Stati che Trump ha ottenuto il successo finale. Anzi, il suo è stato un vero trionfo, perché la scalata a Washington era considerata un’impresa disperata, contro pronostico, proprio come piace agli americani, che rimangono affascinati dal personaggio dell'”underdog”. Voto dopo voto ha scardinato il “fire wall” della Clinton, una fortezza che qualche mese fa sembrava inattaccabile. Si è accaparrato Stati che dovevano essere roccaforti democratiche. Si è impadronito del Michigan, della Pennsylvania, del Wisconsin, del North Carolina alcuni dei quali non erano neppure in discussione. Ma Trump era andato comunque a far campagna elettorale fino alle ultime ore pur sapendo di entrare in territori profondamente tinti di blu. E anche dove non era andato, come in Virginia, la terra del candidato democratico alla vicepresidenza, Tim Kaine, è riuscito a spaventare Hillary. Quando è caduto l’Ohio, preso da Obama nelle ultime due elezioni, si è messo dalla sua parte pure il favore delle statistiche. Quello è lo Stato che dal 1944 ha sbagliato una sola volta il nome del Presidente: nel 1960 quando votò per Nixon e invece alla Casa Bianca andò Kennedy (fonte Gazzetta dello Sport).
Il discorso del neo Presidente Trump
“E’ arrivato il momento per l’America di curare le ferite delle divisioni: gli indipendenti, i repubblicani e i democratici di questa Nazione devono riunirsi in un popolo solo. E’ arrivato il momento: mi impegno ad essere il Presidente di tutti gli americani. Per quelli che hanno scelto di non appoggiarmi in passato, e non li biasimo, proprio a voi mi rivolgo per ricevere indicazioni e per riunirci in un unico Paese”.
Trump è un fiume in piena e non dimentica, nelle conclusioni, di ringraziare tutto il suo staff che in questi mesi lo ha seguito e la sua famiglia. “La nostra non è stata una campagna ma un grande, incredibile movimento costituito da milioni di donne e uomini che lavorano duro e vogliono creare un futuro migliore per se stessi e la loro famiglia. E’ un movimento che raccoglie americani di tutte le razze, le religioni e credo e che vogliono rispettare un Governo che è a servizio del popolo. Il nostro Governo. Lavorare insieme ci porterà alla ricostruzione della nostra Nazione e al rinnovamento del sogno americano. C’è un grandissimo potenziale da valorizzare e il nostro Paese ne ha così tanto che, quello che creeremo sarà fantastico: uomini e donne dimenticati non lo saranno più. Aiuteremo le città più povere a risollevarsi, creeremo nuovi posti di lavoro, ricostruiremo ele nostre infrastrutture. Abbiamo un piano economico incredibile, raddoppieremo la crescita e creeremo la più grande economia del mondo tenendo sempre vivi i rapporti con gli altri popoli. Cercheremo alleanze, non conflitti, nel mondo. Non siamo per lo scontro ma per il dialogo. Non c’è nessuna sfida troppo grande che possa mettere in pericolo il nostro futuro dobbiamo riprenderci il destino del nostro Paese e tutti i nostri sogni”.