L’ultimo rapporto Migrantes parla chiaro: prosegue l’emorragia del nostro Paese, quasi 5milioni di nostri connazionali cercano stabilità oltre confine. Solo nell’ultimo anno sono 110mila gli italiani in fuga da un Belpaese che, purtroppo, resta ancora fermo su welfare, su occupazione e, quindi, sulla crescita. Quindi non solo desertificazione industriale, piaga che si è estesa con forza in tutte le regioni, ma impoverimento di risorse umane.

Luciano Lagamba, Presidente Sei Ugl

Luciano Lagamba, Presidente Sei Ugl

Secondo il prestigioso studio, infatti, sono 1° gennaio del 2016 sono 4.811.163 i cittadini italiani residenti all’estero iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (Aire).

L’aumento, in valore assoluto, rispetto all’anno precedente è di 174.516 iscrizioni. Pur restando indiscutibilmente primaria l’origine meridionale dei flussi, si sta progressivamente assistendo ad un abbassamento dei valori percentuali del Sud a favore di quelli del Nord del Paese.

La Lombardia, con 20.088 partenze, è la prima regione in valore assoluto seguita dal Veneto (10.374), dalla Sicilia (9.823), dal Lazio (8.436), dal Piemonte (8.199) e dall’Emilia Romagna (7.644).

La Germania è stata, lungo il corso del 2015, la meta preferita dagli italiani andati oltre confine, a seguire il Regno Unito, la Svizzera e la Francia.

Ma un dato che il Presidente del Sei Ugl, Luciano Lagamba, tende a precisare è che la fuga dall’Italia e lo spopolamento di molte regioni non è solo una scelta ‘giovanile’ dettata da una formazione estera o da una carriera internazionale o altre esigenze ma sono anche i pensionati a scegliere città europee dove poter vivere meglio e godere a pieno della propria pensione anche quando è minima.

Alla ricerca di un welfare perduto, non è una battuta. Dal reddito pro capite, al semplice costo di una cena, dal sistema fiscale alle procedure burocratiche (e quest’ultimo non è un passaggio da sottovalutare) sono oltre dieci le mete prescelte dai pensionati per stabilizzarsi e godersi in tranquillità la pensione. Ci riferiamo a zone come le Canarie, Costa Rica, Panama, Repubblica Domenicana, Bulgaria, Romania, Marocco, Ecuador, Albania e Portogallo.

Prendendo solo l’ultima meta come esempio pensate che i pensionati del settore privato che si trasferiscono qui (ma è in via di approvazione una misura analoga a quelli pubblici), ricevono l’assegno lordo per i primi dieci anni di permanenza. Per la residenza, invece, come tutti gli stati Ue, bastano pochi moduli e un regolare contratto d’affitto o acquisto. I costi delle case sono molto competitivi e l’assistenza sanitaria è garantita ed è di ottimo livello.

Insomma perché allora farsi sfuggire questa occasione visto che in Italia – precisa Lagamba – il Welfare è solo una mera parola spesso decantata o usata come spot?

Proprio in Portogallo il Sei Ugl, grazie anche ad un accordo bilaterale sottoscritto con il Governo portoghese, stiamo attivando uno sportello dove i nostri connazionali verranno accompagnati nel percorso burocratico amministrativo per l’acquisizione della residenza domiciliare e per richiedere tutte le informazioni utili anche in materia previdenziali potendo così usufruire di una serie di diritti quasi dimenticati in Italia”.

L’importanza dell’ Enas Ugl – precisa il sindacalista –  in queste aree dove gli italiani (pensionati e non) emigrano è indispensabile. Gli operatori del patronato, infatti, sono a disposizione dei cittadini per ascoltarli e assisterli e seguirli professionalmente per rispondere ad ogni loro dubbio o esigenza. Ecco perchè – conclude Lagamba – riteniamo indispensabile la presenza dei nostri operatori sul territorio estero”.

In un tale scenario, il ruolo del patronato è destinato ad accrescersi ulteriormente sia per i lavoratori che scelgono di trasferirsi definitivamente sia per quelli in distacco, un fenomeno sul quale è recentemente intervenuta la direttiva comunitaria 2014/67/UE che ha trovato attuazione nella nostra legislazione con il decreto legislativo 136/2016.