‘Lavoro, Fiscalità e Tutela delle fasce deboli’, questo il titolo del convegno organizzato la scorsa settimana dal segretario dell’Ugl Funzione Pubblica delle Marche, Vinicio Morgoni a Civitanova Marche e dal quale è emerso, grazie alla presenza di ospiti illustri, un importante dibattito sul tema del lavoro e, soprattutto sulla dignità del lavoratore in un contesto economico assai precario e debole.

Attraverso questo convegno – ha precisato Morgoni – abbiamo voluto rafforzare lo spazio che va riservato alla persona, alla famiglia e al rispetto di tutti quei diritti non negoziabili e indispensabili per la stabilità di ognuno”.

Presenti al dibattito i sindacalisti Renzo Talacchia, segretario regionale dell’Ugl Marche, Augusto Ghinelli, segretario confederale dell’Ugl, Paola Saraceni, responsabile nazionale dell’Ugl Funzione Pubblica e Raffaele Pinto, Responsabile Ugl dell’Associazione Nazionale Informatici (Anipa) che, durante il loro intervento, hanno puntato sull’impegno quotidiano svolto dal sindacato per la salvaguardia e il rispetto dei lavoratori, penalizzati dalla crisi e dalle difficoltà che, categorie come quella della Pubblica Amministrazione, vivono quotidianamente e a tutte le battaglie messe in campo dall’Ugl per difendere i lavoratori martoriati dalla crisi.

Spazio poi all’analisi del presidente dell’Enas, Stefano Cetica, che ha avuto modo di analizzare il rapporto sulla pressione fiscale stilato dall’OCSE “Taxing wages 2016” e sottolineare le problematiche che assillano il mondo del lavoro e, soprattutto, il futuro dei lavoratori italiani.

“Secondo il rapporto sulla pressione fiscale stilato dall’OCSE “Taxing wages 2016”, il cuneo fiscale italiano resta fra i più alti del mondo – ha precisato Cetica –  Il peso della pressione fiscale sul lavoro ammonta infatti al 49%, mentre la media dei Paesi OCSE è del 35,9%. Il nostro Paese si colloca al quarto posto – dietro a Belgio, Austria e Germania, a pari merito con l’Ungheria – nella speciale classifica sulle tasse nei paesi occidentali. Non solo, il peso delle tasse sul lavoro in Italia è addirittura salito – precisa il Presidente dell’Enas – nel 2015 si è infatti verificato un aumento dello +0,8% (solo in Portogallo c’è stato un aumento maggiore partendo però da un cuneo fiscale più basso del 42,1%).  È quello dello scorso anno è stato solo l’ultimo di una serie di aumenti, in un trend in costante aumento dal 2000 (quando il cuneo fiscale era al 47,1%), mentre nei restanti Paesi dell’OCSE il cuneo fiscale è in progressiva diminuzione. In definitiva, il costo del lavoro in Italia è composto da imposte sul reddito 17,5%, contributi a carico del dipendente 7,2%  contributi a carico del datore di lavoro 24,3%. Per quanto riguarda l’imposizione fiscale a carico del  lavoratore (al netto di delle tasse spettanti al datore di lavoro, l’Italia ha  un’imposizione del 32,6% contro una media del 25,5%. In pratica, lo stipendio netto di un lavoratore italiano è pari al 67,4% dell’imponibile (considerato già al netto di quanto pagato dal datore di lavoro). Tale situazione penalizza le imprese, costrette a un sottodimensionamento dell’organico con conseguenze dal punto di vista della competitività. Allo stesso tempo penalizza i lavoratori, causando maggiori difficoltà nell’accedere e nel permanere nel mondo del lavoro, in quanto l’eccessiva tassazione determina una domanda di lavoro imbrigliata. Penalizza, inoltre i lavoratori nell’ottenere adeguati aumenti salariali”.

A seguire l’intervento del dott. Alfio Bassotti, Presidente della Fondazione cassa di Risparmio di Jesi che ha focalizzato il suo intervento sulla “dignità del lavoro, il suo rapporto con l’impresa ed i problemi etici che lo caratterizzano e che accompagnano la umana storia da sempre”.

Un passaggio Bassotti lo ha dedicato al binomio immigrazione-lavoro “l’immigrazione – precisa- deve essere considerata una risorsa e non un ostacolo allo sviluppo. Nel mondo attuale, in cui si aggrava lo squilibrio fra i Paesi ricchi e poveri e in cui lo sviluppo delle comunicazioni riduce le distanze, crescono le migrazioni di persone in cerca di migliori condizioni di vita, provenienti dalle zone meno favorite della terra: il loro arrivo nei paesi sviluppati, perché negarlo, è spesso percepito come una minaccia per gli elevati livelli di benessere raggiunti grazie a decenni di crescita economica. Gli immigrati, tuttavia, nella maggioranza dei casi, rispondono ad una domanda di lavoro che altrimenti resterebbe insoddisfatta, in settori e in territori nei quali la manodopera locale è insufficiente o non disposta a fornire il proprio contributo lavorativo”.

Interessanti gli interventi dell’On. Renata Polverini (FI), vice presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, da sempre attenta alle problematiche del mondo del lavoro e sempre in prima linea per la tutela dei diritti dei cittadini e dei lavoratori e degli esperti: Amos Ciabattoni (Direttore della Rivista Storia e Società), del notaio Alfonso Rossi (che ha aperto un’attenta riflessione su la cogestione, ossia della partecipazione dei ceti dipendenti alla gestione aziendale tutelandola attraverso l’uso di strumenti giuridici esistenti), e degli avvocati Paolo Sfrappini e Valentina Vignoni che hanno concluso il convegno parlando di corruzione, una piaga che continua ad ostacolare il lineare percorso dell’economia sana del Paese.