La pressione fiscale eccessiva sul lavoro rappresenta uno degli ostacoli principali alla competitività del Paese e di conseguenza è una delle maggiori cause del deficit occupazionale e di crescita economica.

Si discuterà proprio di ‘Lavoro, Fiscalità e Tutela delle fasce deboli’ oggi pomeriggio (a partire dalle ore 16 a Civitanova Marche) durante un convegno organizzato dal segretario Ugl Funzione Pubblica delle Marche, Vinicio Morgoni.

Ad arricchire il dibattito saranno gli interventi del segretario generale dell’Ugl, Francesco Paolo Capone, il presidente dell’Enas, Stefano Cetica, e l’On. Renata Polverini (FI), vice presidente della Commissione Lavoro della Camera.

Durante il convegno il presidente del patronato Enas Ugl avrà modo di analizzare il rapporto sulla pressione fiscale stilato dall’OCSE “Taxing wages 2016” e sottolineare le problematiche che assillano il mondo del lavoro e, soprattutto, il futuro dei lavoratori italiani.

Secondo il rapporto sulla pressione fiscale stilato dall’OCSE “Taxing wages 2016”, il cuneo fiscale italiano resta fra i più alti del mondo. Il peso della pressione fiscale sul lavoro ammonta infatti al 49%, mentre la media dei Paesi OCSE è del 35,9%. Il nostro Paese si colloca al quarto posto – dietro a Belgio, Austria e Germania, a pari merito con l’Ungheria – nella speciale classifica sulle tasse nei paesi occidentali.

Non solo, il peso delle tasse sul lavoro in Italia è addirittura salito: nel 2015 si è infatti verificato un aumento dello +0,8% (solo in Portogallo c’è stato un aumento maggiore partendo però da un cuneo fiscale più basso del 42,1%).  È quello dello scorso anno è stato solo l’ultimo di una serie di aumenti, in un trend in costante aumento dal 2000 (quando il cuneo fiscale era al 47,1%), mentre nei restanti Paesi dell’OCSE il cuneo fiscale è in progressiva diminuzione.

In definitiva, il costo del lavoro in Italia è così composto:

  • imposte sul reddito 17,5%,
  • contributi a carico del dipendente 7,2%
  • contributi a carico del datore di lavoro 24,3%.

Per un totale, quindi, del 49%.

Per quanto riguarda l’imposizione fiscale a carico del  lavoratore (al netto di delle tasse spettanti al datore di lavoro, l’Italia ha  un’imposizione del 32,6% contro una media del 25,5%. In pratica, lo stipendio netto di un lavoratore italiano è pari al 67,4% dell’imponibile (considerato già al netto di quanto pagato dal datore di lavoro).

Tale situazione penalizza le imprese, costrette a un sottodimensionamento dell’organico con conseguenze dal punto di vista della competitività.

Allo stesso tempo penalizza i lavoratori, causando maggiori difficoltà nell’accedere e nel permanere nel mondo del lavoro, in quanto l’eccessiva tassazione determina una domanda di lavoro imbrigliata. Penalizza, inoltre i lavoratori nell’ottenere adeguati aumenti salariali. Nel complesso l’eccessiva tassazione sulle forze produttive genera una situazione di stagnazione economica che danneggia l’intera collettività, ivi compreso lo stesso Stato, che, nonostante le alte richieste fiscali, soffre dei mancati introiti derivanti da un’economia in recessione.

Il peso delle tasse varia in base alla composizione delle famiglie, a causa delle variabili in merito ad agevolazioni fiscali e contributive: l’OCSE ha preso in esame alcuni casi specifici per individuare il cuneo fiscale medio dei Paesi appartenenti all’organizzazione. Considerando una famiglia monoreddito con due figli, l’Italia si posiziona al 5° posto per imposizione fiscale:

FAMIGLIA MONOREDDITO CON DUE FIGLI
Paese Cuneo Fiscale medio Imposta sul reddito Contributi a carico del lavoratore
Francia 40,5 5,7 10,3
Belgio 40,4 12,9 10,8
Finlandia 39,3 18,3 6,7
Austria 39 11,5 14
Italia 38,8 11,2 7,2
Grecia 38,1 8,2 12,4
Svezia 37,8 13,5 5,3
Turchia 36,9 9,2 12,8
Ungheria 35,3 6,6 14,4
Germania 34 0,8 17
Spagna 33,8 5,9 4,9
Norvegia 31,9 16,8 7,3
Portogallo 30,7 5,9 8,9
Paesi Bassi 30,6 14,7 10,4
Estonia 28,5 8,3 1,2
Polonia 28,4 -1,2 15,3
Repubblica Slovacca 28,4 -1,5 10,2
Giappone 26,8 5,5 12,4
Repubblica Ceca 26,6 -3,5 8,2
Regno Unito 26,3 12,8 8,4
Danimarca 26 31,9 0
Slovenia 23,7 2,5 19
Islanda 22,4 19,1 0,3
Stati Uniti 20,7 5,6 7
Messico 19,7 8 1,2
Corea del Sud 19,6 2,6 7,6
Israele 18,9 8,9 7,5
Canada 18,8 9,9 6,8
Australia 17,8 22,7 0
Lussemburgo 15,9 5,6 11,4
Svizzera 9,8 4,3 5,9
Irlanda 9,5 7,2 3,6
Cile 7 0 7
Nuova Zelanda 4,9 17,6 0

Per tutte le tipologie di lavoratori/contribuenti considerate nello studio, le tasse sono aumentate dal 2007 ad oggi, con l’unica eccezione dei single senza figli con reddito nella media (categoria B).

immagine1Il tutto, poi, si colloca in un generale aumento delle tasse e delle imposte che i cittadini devono versare allo Stato e – nello specifico del mondo del lavoro – ci si riferisce in particolare alla tassazione degli immobili produttivi (Imu e Tasi variano da Comune a Comune, con un’aliquota media sugli immobili produttivi del 9,97 per mille, molto vicina a quella delle seconde case, ed una spesa media di 3.357 euro l’anno).

Un circolo vizioso che andrebbe spezzato mediante una completa revisione del fisco, che premi i creatori di benessere (lavoratori/datori di lavoro) e insista maggiormente sulle rendite, riducendo la pressione fiscale che grava sul costo del lavoro ed anche quella riservata ai beni produttivi.

Al contrario, attualmente l’impianto fiscale del Paese sembra quasi basato sulla penalizzazione di chi, mediante la propria attività lavorativa, crea il benessere e lo sviluppo economico.

cuneo-fiscale-coppieResta fermo l’imperativo della lotta all’evasione fiscale, distinguendo fra piccoli e grandi evasori.

Anche in questo caso molto spesso si assiste ad una situazione paradossale: alle procedure di conciliazione per i grandi evasori si oppone un fisco inflessibile con i piccoli evasori, che evadono per impossibilità di pagare le tasse.

Andrebbe quindi rivisto anche il sistema di riscossione, l’entità delle more in proporzione alla situazione finanziaria ed all’entità del debito rispetto al reddito, le procedure di pagamento.

Per un armonico quadro fiscale, inoltre, la tassazione andrebbe rivista alla luce di un quoziente familiare che integri l’individuo/lavoratore nel suo contesto familiare (ossia i familiari a carico, con eventuale presenza di minori o disabili) al fine di una lettura più equa del reddito realmente disponibile da parte delle famiglie.

In questo senso, è fondamentale approdare a delle misure che, nel rispetto del dettato costituzionale, possano assicurare equità e proporzionalità, favorendo la ripresa della natalità, la cura di bambini ed anziani, il recupero del potere d’acquisto, la semplificazione del sistema tributario con una complessiva e coerente ridefinizione della platea delle agevolazione fiscali e contributive.