di Marco Colonna

 

In Italia , prima del 2007, l’anno che ha preceduto la grave crisi economica che ha colpito la nostra economia, il tasso di Neet (i giovani fra i 18 e i 29 anni non occupati e non in istruzione o formazione che hanno rinunciato a cercare lavoro) era attorno al 20%, 4 punti percentuali sopra la media Ocse.

Fra il 2007 e il 2014 è aumentato raggiungendo il 27%, il secondo più alto nell’Ocse dopo la Turchia. Questa media ha registrato una lieve riduzione nel 2015 ma resta sopra i livelli pre-crisi, quasi il doppio della media Ocse (15%) con numeri che comunque sono impressionanti: parliamo di quasi 2,5 milioni di giovani.

In Italia le capacità produttive che vanno perse a causa dei Neet rappresentano l’1,4% del Pil.  Il dato emerge nell’ultimo rapporto Ocse intitolato: ‘Uno sguardo sulla società 2016-riflettore sui giovani’.

In Italia, la proporzione di giovani Neet è aumentata considerevolmente durante la crisi, in maggioranza (60%) non cerca nemmeno un lavoro e l’80,6% vive a casa dei genitori.

La parte preponderante fra i Neet sono le donne, sebbene la loro quota sia scesa del 60% del totale prima della crisi, a circa metà nel 2014. Una diminuzione in parte dovuta al fatto che l’aumento della disoccupazione giovanile durante la crisi ha colpito soprattutto i maschi.

I dati dell’Ocse sono confermati dall’Istat che registra a luglio un aumento dello 0,4% (+53mila) degli inattivi e un incremento di 2 punti percentuali rispetto a giugno del tasso di disoccupazione dei 15-24enni, cioè la quota di giovani disoccupati sul totale di quelli attivi, risalito al 39,2% contro la percentuale media di disoccupazione giovanile nell’Eurozona che si aggira sul 22%.

E se l’Ocse punta l’indice sulla discriminazione al femminile , sempre l’Istat ci ricorda che in particolare è il Mezzogiorno d’Italia, con i casi peggiori di Sicilia e Calabria, ad ospitare i giovani che non hanno alcun tipo di impegno con una media del 40%.

Numeri da brivido che il Centro studi Impresa Lavoro ( centro studi di ispirazione liberale) ha elaborato ricorrendo alle comparazioni dei dati Ocse con gli altri Paesi Ue.

Ebbene, nel periodo di tempo compreso fra il 2007 ed il 2015 la crescita percentuale degli italiani di età compresa tra i 15 e i 24 anni che sono senza lavoro ma che sarebbero disponibili a lavorare e che hanno effettuato almeno una ricerca attiva di lavoro nelle ultime 4 settimane (il 38,8%) risulta superiore a quella di quasi tutti gli altri Paesi europei. Peggio di noi hanno fatto solo Spagna e Grecia .

L’Italia fa molto peggio della media dei 28 Paesi dell’UE – in cui il tasso di disoccupazione giovanile a fine 2015 era del 19,7% (+4,4 punti rispetto al 2007) – e perde il confronto con tutti gli altri competitor europei. In particolare con Irlanda, Portogallo, Francia, Gran Bretagna e Germania.