di Marco Colonna
La crescita italiana non si è limitata a rallentare, come gli ultimi dati Istat su produzione industriale e esportazioni fanno presagire, ma si è fermata del tutto. Ed il governo Renzi, ottimismo di facciata a parte, ha già rivisto al ribasso le previsioni di crescita da qui a due anni.
Tutto nero su bianco nella nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (DEF) del 2016, presentata martedì in consiglio dei Ministri, con il governo che prevede per l’anno in corso una crescita dello 0,8%, 0,4 punti in meno rispetto al DEF pubblicato ad aprile, e il deficit, cioè la differenza tra quanto lo Stato incassa e quanto spende, che invece si impenna al 2,4% del PIL.
Per il 2017 le stime di crescita sono state abbassate a +1%, mentre il deficit è fissato al 2% con una richiesta di un ulteriore 0,4% per rispondere alle emergenze della sicurezza, dei migranti e del terremoto in Centro Italia.
Il DEF è un atto di indirizzo, non è un documento vincolante o effettivamente applicabile alla lettera, però dimostra oggettivamente una cosa: le previsioni sulla crescita del Paese azzardate nell’ultimo anno dal governo Renzi si sono dimostrate velleitarie, visto gli indicatori continuamente portarti al ribasso: nell’autunno scorso la stima della crescita per il 2016 era al +1,6%, ad aprile la stima è stata abbassata a +1,2%, a fine agosto si era attestata al +1% e il 27 settembre siamo scesi ulteriormente allo 0,8%.
Per contro, a dimostrazione che l’andamento dell’economia sotto il governo Renzi è tutt’altro che stabile, si prevede un aumento del deficit per il 2017. Alcuni mesi fa la stima del deficit era stata fissata dal duo Renzi – Padoan all’1,8%. Mentre a fine settembre il governo ha annunciato che il deficit salirà al 2%, a cui sarà aggiunta una richiesta alla Commissione Europea di un ulteriore 0,4% per far fronte a quelli che vengono definiti eventi eccezionali: terremoto nel Lazio, emergenza migranti (che emergenza non è ma semmai una situazione ormai al collasso e mal gestita sul fronte interno e nel rapporto Italia-Europa) e lotta al terrorismo. Uno sforamento ulteriore del deficit che dovrà passare il vaglio della Commissione Europea.
E per avere un’idea della crisi italiana basta sfogliare le statistiche degli altri Paesi dell’Eurozona: la crescita dei Paesi dell’area euro nel 2° trimestre 2016 è aumentata dell’1,6% rispetto allo stesso periodo del 2015 e dell’1,8% nell’UE a 28 Stati.
Con questo scenario il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, Paolo Zabeo, ipotizzando l’ incremento del Pil per l’anno in corso dello 0,8 per cento e per gli anni a venire di un 1 percentuale circa, commenta che: “A fronte di questo trend di crescita al ribasso, purtroppo, saranno necessari altri 8 anni per recuperare la situazione registrata nell’anno pre-crisi (2007). Con un livello del Pil reale che nel 2015 si è attestato sulla soglia registrata nel 2000 il recupero della nostra economia non è dietro l’angolo. Anzi…”
Ed anche Andrea Goldstein, managing director di Nomisma, commenta che: “L’Italia conferma le sue difficoltà di lungo periodo” riducendo così ulteriormente lo spazio per varare una manovra espansiva in autunno, come promesso più volte dallo stesso Renzi.