di Daniele Milani

Con insostenibile leggerezza ed, in sordina, nei giorni scorsi, è trapelata sulla stampa la notizia che in Belgio, in applicazione di una legge promulgata nel lontano 2002, è stata consentita l’eutanasia su un minore, previo consenso dei genitori dello stesso.

In un primo tempo si è parlato di un bambino in tenera età, successivamente di un diciassettenne malato in fase teminale.

Premesso il massimo rispetto per la vittima e per il dramma umano dei genitori che si sono dovuti confrontare con una tragedia sconfinata e senza paragoni, la vicenda è meritevole di una profonda riflessione che esuli dal particolare certamente insondabile nel suo particolare carattere emotivo ma che non può essere sottaciuta o, peggio, minimizzata. E ci venga perdonata la freddezza dell’analisi.

In primo luogo rimane in noi la convinzione che nell’ambito di certi temi, definiti eufemisticamente bio etici, non debba essere, da parte delle istituzioni arrogato il diritto di legiferare. E, si badi bene, tale assunto non riguarda il primato della politica come quello, per chi lo considera, della religione o dell’opinione pubblica.

La vita, la morte la sofferenza, la malattia sono isole che come diceva un insigne giurista, Carlo Arturo Iemolo parlando della famiglia, il mare del diritto può soltanto sfiorare.

In secondo luogo rimane indefinito e indefinibile il concetto di malato terminale: chi è che può definire un malato terminale con assoluta certezza di non sbagliare e oltre ogni ragionevole dubbio? Non certo i medici che, come sappiamo, hanno trasformato, nel corso dei secoli, una conoscenza sapienziale in una scienza tra le più fallaci, come ci dimostrano le cronache di tutti i giorni.

Da ultimo, considerando le caratteristiche della norma, di ogni norma, che sono la generalità e l’astrattezza, e considerando la natura degli uomini che, certamente non è improntata per la loro indole alla probità e alla bontà (salvo poi che queste caratteristiche vengano fuori per fattori esterni e successivi) noi che non abbiamo mai creduto alla teoria illuminista, di Rousseauiana memoria, ricordata come quella del buon selvaggio, temiamo che una siffatta legge possa incidere sulle aspettative di chiunque abbia interesse a sopprimere un individuo per avidità, interesse, egoismo o peggio per perversa convinzione ideologica personale nell’intento di perseguire anche sulla pelle degli altri una infame salvaguardia di diritti individuali. Per fare un esempio noi crediamo che un medico, per causa di un antico giuramento abbia il dovere di salvare la vita ma non il diritto di toglierla. Poi rimane il problema dei tentativi dell’umanità di distruggere, legiferando, se stessa in nome della salvaguardia dei diritti individuali. Anche in questo caso si può affermare che l’esperimento è perfettamente riuscito.