“Nessun Governo ha fatto quanto noi sulle tasse”. Il ritornello del premier Renzi è noto. Un refrain che suona un po’ stonato da alcuni mesi.
E il presidente del consiglio non perde occasione – conferenze stampa, comizi, comparsate alle Feste dell’Unità, post su facebook o Twitter ed editoriali nelle sue tecnologiche eNews – per autoattribuirsi meriti…. che non ha!
Perchè di questo “miracolo” , in realtà, nessuno fra cittadini e imprenditori alle prese quotidiane con la crisi economica s’è accorto e , soprattutto, esistono studi e analisi, anche di soggetti e istituzioni non sospette di essere anti-renziane che lo smentiscono.

A cominciare dalla relazione annuale di BankItalia che ha registrato che i tributi locali e le imposte dirette delle Amministrazioni pubbliche sono cresciute in realtà dell’1,9 per cento, con incrementi del gettito Irpef (2,7% a 166 miliardi) e Ires (3,2% a 32 miliardi) e l’addizionale regionale Irpef che aumenta in relazione ai disavanzi sanitari di numerose Regioni italiane, soprattutto quelle del Sud. Sì, perchè, è vero che nella legge di stabilità 2016 è stato imposto lo stop a qualsiasi aumento dei tributi locali (comunque già alle stelle in gran parte d’Italia) ad eccezione della Tari, ma ugualmente le Regioni in disavanzo sanitario, che stanno subendo un piano di rientro imposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, sono autorizzate a mettere mano all’aliquota Irap e all’addizionale regionale Irpef.

Si dirà che si tratta di imposte locali , ma la spirale diabolica trae origine da un “peccato di fondo”: la continua e progressiva riduzione dei trasferimenti dallo Stato centrale, su disposizione del governo, a Comuni, Regioni e Province, enti che si vedono costretti ad agire sulla leva fiscale per contenere i costi ed evitare un drastico taglio dei servizi.
Comunque, sgombrando il campo dalla diatriba Stato / Enti locali, sempre Bankitalia ha certificato gli ultimi aumenti disposti dal governo Renzi: delle imposte sui redditi da attività finanziarie , alle tasse sui proventi dei risparmi (da 20% al 26%) e su fondi pensione (da 11% al 20%), per non parlare dell ‘ aumento della tassazione sul Tfr che colpisce gran parte dei lavoratori in uscita.
Con l’odioso aumento della tassazione dei fondi pensione, oltretutto, in palese violazione dei principi dello Statuto del contribuente, perché retroattivo.
Inoltre, esiste una recente indagine dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre che non lascia scampo: con il governo di Matteo Renzi le imposte nazionali e le tasse locali sono schizzate alle stelle (+46%).

Le tasse nazionali, al netto del bonus degli ottanta euro (che viene fatto figurare come un alleggerimento fiscale invece che come minori entrate o un aumento della spesa pubblica) , sono salite del 6,1%, mentre quelle locali dell’8%.
In valori assoluti quelle nazionali (come l’Irpef, l’Iva, l’Ires, etc.) sono aumentate di 21,6 miliardi e quelle locali (Imu, Irap, addizionali comunali e regionali Irpef, etc.) di 7,7 miliardi di euro.

In soldoni, dal 2010 ad oggi, i contribuenti italiani hanno dovuto sostenere uno sforzo di 29,3 miliardi di euro. L’ennesimo (e facile) modo per far cassa a spese dei cittadini.
C’è poi un’ultima considerazione da fare – e di cui Meta Sociale – ha già parlato in altri articoli: visto che il governo Renzi ha segnato un nuovo record del debito pubblico (è aumentato di ben 123,20 miliardi in poco più di due anni, dal 2014 al 2016) è difficile immaginare che l’Europa prima o poi non chieda il conto all’Italia, costringendo l’esecutivo ad alzare comunque le tasse.

Marco Colonna