di Daniele Milani   

 

Ancora una volta si fa un gran parlare di giustizia; in particolare il dibattito si è ravvivato in occasione del grido di allarme del Prof. Franco Coppi, difensore delle presunte assassine di Sara Scazzi nel processo per i fatti di Avetrana.

L’insigne giurista denuncia, con toni accorati, che, a distanza di quasi un anno, non sono ancora state depositate le motivazioni della sentenza che ha sancito la condanna all’ergastolo delle sue assistite in quel processo celebratosi innanzi alla Corte d’Assise di Bari. Questo ritardo, osserva il Professore, lede inconfutabilmente i diritti della difesa, impossibilitata a valutare tempestivamente l’opportunità e i termini dell’appello, e per lo stesso motivo quelli della pubblica accusa e delle parti civili che restano per troppo tempo appese ad una decisione della quale non si conoscono i motivi

Ancora più grave appare l’ accorata dichiarazione della sig.ra Vera Squatrito, mamma di Giordana

Ventenne assassinata dal compagno ad Acitrezza. La sig.ra Squatrito, nel corso di un’ intervista rilasciata al nostro giornale nell’ambito del convegno promosso dall’UGL sul femminicidio ha ricordato che nei confronti dell’assassino della figlia solo adesso sta per iniziare il processo per lo stalking, a suo tempo denunciato, mentre di quello per l’assassinio ancora nemmeno se ne parla.

Nei casi di specie si può, ragionevolmente indicare una sorta di pigrizia dei magistrati preposti al giudizio; però se si vuole assumere la circostanza a paradigma di una più generale crisi del sistema giustizia la questione è più complessa.

A nostro avviso, allo stato, l’apparato giudiziario in Italia è irriformabile per motivi che, almeno in larga parte, prescindono dalla cattiva o buona volontà o capacità degli operatori del settore (che siano magistrati, avvocati o ausiliari) nonché da quella dei legislatori che dovrebbero fornire gli strumenti per migliorare il funzionamento della macchina giudiziaria, sia in senso sostanziale che processuale.

Questa impossibilità è determinata da due fattori che interagiscono tra di loro, in senso molto negativo. Il primo è costituito dal fatto che i quattro codici fondamentali sono ormai oscurati da una serie infinita di leggi complementari, di decreti legislativi a vario titolo emessi, e da “riforme” spesso in contraddizione tra di loro, che, nel tempo, hanno oscurato e reso marginale quella che, un tempo si chiamava dottrina sia in senso sostanziale che processuale.

Il secondo, che ha nella sostanza determinato il primo, deriva invece dal progressivo sfaldarsi di un sistema di valori di riferimento.

Per rimanere in ambito civilistico, ad esempio si pensi alla rivoluzione copernicana, senza però un punto di arrivo, che riguarda gli istituti del diritto di famiglia o quelli relativi al diritto di proprietà;e ancor di più quelli del lavoro.

In questo momento storico, se è vero che il sistema legislativo deve tutelare un assetto di interessi ben individuato, è molto difficile per il legislatore individuare i connotati di tale assetto e di conseguenza predisporre norme che lo difendano, tenendo fermi i principi di generalità e astrattezza delle stesse.

Il problema è dunque epocale e certamente non saranno i poveri e forse anche onesti manovali che si sono avvicendati nel ruolo di Guardasigilli non a risolverlo ma nemmeno ad individuarlo.