di Francesco Paolo Capone, segretario generale dell’Ugl

 

La Svimez dà notizia dei dati 2015 “per molti versi eccezionali” grazie al  Pil  cresciuto dell’1% (-1,2% nel 2014), dati che tuttavia rilevano allo stesso tempo un rischio di povertà per il Sud triplo rispetto al resto del Paese e ad un record negativo di nuovi nati. “Il Mezzogiorno continua a trovarsi in una situazione ormai cronica di straordinaria emergenza”, è l’amara considerazione del segretario generale dell’Ugl, Francesco Paolo Capone.

“Bisogna correre subito ai ripari – è l’appello di Capone rivolto al governo – chiudendo prima di tutto il libro dei sogni ovvero il Masterplan tanto propagandato dall’esecutivo e da Matteo Renzi”. Per il leader dell’Ugl le responsabilità di un declino inarrestabile del Sud soprattutto da un punto di vista industriale sono attribuibili a diversi livelli “e sono sia nazionali che locali, quest’ultimi soprattutto evidenti nell’incapacità di fare sistema, di difendersi da politiche del governo centrale che discriminano il Sud e anche di sfruttare le risorse e i fondi offerti dalle politiche di coesione”. D’altro canto le responsabilità del governo nazionale non sono “meno importanti e spaziano dalla ‘distrazione’ di fondi destinati al Mezzogiorno, come nel caso del bonus assunzioni, fino ad arrivare al libro dei sogni, il Masterplan, che è solo una rimodulazione di risorse già esistenti e allocate”.

Per Capone, “oltre ad una seria politica industriale, necessaria a tutto il Paese e ancora di più per il Sud, il governo ha un’occasione da non mancare: non usare come un bancomat – e distrarre verso il Nord – le risorse nazionali del Fondo Sviluppo Coesione (FSC),  che per l’80 per cento devono andare al Sud. Se c’è un minimo di ripresa va mantenuta la linea del FSC e metterlo in sinergia con i fondi europei, Fesr e Fse, per frenare il declino economico e sociale del Mezzogiorno”.

La lettura positiva data dal governo della ripresa dell’occupazione, in particolare dei contratti a termine, si fonda sulle 94 mila unità di occupati in più, pari a +1,6%, addirittura superiore alla performance del Centro-Nord, che però ha recuperato quasi interamente i livelli occupazionali pre-crisi, mentre il Sud si trova ancora sotto la soglia del 2008 di quasi mezzo milione di persone.

“Accontentarsi sarebbe fatale, continuare a non mettere a frutto gli strumenti offerti dalle politiche di coesione sarebbe un danno anche di immagine visto il nuovo ruolo che l’Italia, dopo la Brexit, potrebbe ritagliarsi in Europa”, conclude Capone.