L’Istituto per le ricerche economiche e sociali dell’Ugl (Iper Ugl) monitora da sempre il fenomeno della povertà in Italia. Una piaga così profonda per il Belpaese difficile da cicatrizzare, soprattutto all’interno di nuclei familiari numerosi, per gli anziani e per gli stranieri. Non stupisce, quindi, l’ultima analisi elaborata dall’Istat: quattro milioni e 598mila persone nel 2015 sono risultate in condizioni di povertà assoluta. Secondo l’Istituto è il numero più alto dal 2005 e riguarda un milione e 582mila famiglie.

La recente relazione presentata dall’Iper Ugl pone una lente di ingrandimento su tutte le criticità che continuano ad ostacolare la ‘ripresa’: “L‘universalismo selettivo’ citato nel Ddl povertà e’ un vero e proprio ossimoro. Bisogna intervenire sulle famiglie, che la legge poco attenziona e – precisa il numero uno dell’Iper Ugl, Stefano Cetica – sul lavoro per far fronte al fenomeno dei “working poor”, i lavoratori con redditi bassi. Questa legge si riflette anche sui Comuni, che sono il front office per i poveri, ma hanno poche risorse e disallineate. Bisogna fare qualcosa adesso. Per far uscire tutti i residenti in Italia dalla condizione di povertà relativa – prosegue  Cetica – occorrerebbero circa 9 miliardi di euro. Inoltre, in un paese con dati così importanti sulla povertà forse i 10 miliardi utilizzati per il bonus degli 80 euro, visto che anche alcuni cittadini sono stati costretti a restituirli, andrebbero usate per dare risposta ad altre emergenze”. Attraverso l’analisi dell’Iper sulle spese delle famiglie (con riferimento ai dati Istat integrati con altre fonti informative della statistica ufficiale), sono state condotte alcune riflessioni sui livelli di povertà che, complice un mercato del lavoro in forte affanno ed una crisi economica senza precedenti, in alcune aree del Paese e per talune tipologie familiari raggiungono soglie decisamente preoccupanti.

Nel 2014, in Italia, circa 1 milione e 470 mila famiglie versavano in condizione di povertà assoluta (il 5,7% di quelle residenti), per un totale di 4 milioni e 102 mila persone, pari al 6,8% della popolazione residente. Ora, con i nuovi dati diffusi oggi dall’Istat, il numero delle persone in povertà assoluta risulta salito a quattro milioni e 598mila persone, pari al 7,6% della popolazione.

Quasi la metà di queste famiglie risiede nel Mezzogiorno. Tutte le regioni del Sud, se si esclude l’Abruzzo, registrano un’incidenza di famiglie povere significativamente superiore alla media nazionale. In territori quali Sicilia, Calabria e Basilicata risulta povera 1 famiglia su 10. In Veneto, Emilia Romagna, Toscana e Trentino Alto Adige sono invece povere meno di 4 famiglie su 100. La Lombardia è la regione in Italia con la più bassa incidenza di povertà assoluta, appena il 3%.

Sono, invece, 2 milioni 654 mila le famiglie in condizione di povertà relativa, pari al 10,3% del totale delle famiglie residenti. Di queste il 65% risiede nel Mezzogiorno (1 milione 726 mila), il 22,5% nel Nord (597 mila) e il 12,5% nel Centro Italia (331 mila). Nel complesso le persone relativamente povere risultano 7 milioni 815 mila, che costituiscono il 12,9% dell’intera popolazione. Tutte le regioni del Mezzogiorno registrano livelli di povertà relativa superiori alla media nazionale. In territori quali Sicilia (25,2%), Basilicata (25,2%) e Calabria (26,9%) risultano relativamente povere oltre 25 famiglie su 100. In Veneto (4,5%), Emilia Romagna (4,2%), Lombardia (4,0%) e Trentino Alto Adige (3,8%) sono povere meno di 5 famiglie su 100.

Da queste statistiche sono escluse le persone senza dimora che secondo l’Istat ammontano a circa 50 mila unità. Tale valore è calcolato a partire dal numero di coloro i quali, nei mesi di novembre e dicembre 2014, hanno utilizzato almeno un servizio di mensa o accoglienza notturna nei 158 comuni italiani in cui è stata realizzata l’indagine. Istruzione e lavoro rappresentano le principali leve per arginare la diffusione della povertà, del disagio e dell’esclusione sociale.

I dati dell’Istituto Nazionale di Statistica mostrano, infatti, come l’incidenza della povertà diminuisca all’aumentare del titolo di studio e mettono in evidenza, al contempo, come vi sia una stretta correlazione tra la condizione occupazionale o la posizione professionale della persona di riferimento all’interno del nucleo familiare e l’incidenza della povertà, sia che questa venga valutata in termini assoluti che relativi.

Con i dati appena presentati dall’Istat sulla povertà, la situazione risulta addirittura peggiorata: l’incidenza della povertà assoluta si mantiene sostanzialmente stabile sui livelli stimati negli ultimi tre anni per le famiglie, con variazioni annuali statisticamente non significative (6,1% delle famiglie residenti nel 2015, 5,7% nel 2014, 6,3% nel 2013); cresce invece se misurata in termini di persone (7,6% della popolazione residente nel 2015, 6,8% nel 2014 e 7,3% nel 2013). Questo andamento nel corso dell’ultimo anno si deve principalmente all’aumento della condizione di povertà assoluta tra le famiglie con 4 componenti (da 6,7 del 2014 a 9,5%), soprattutto coppie con 2 figli (da 5,9 a 8,6%) e tra le famiglie di soli stranieri (da 23,4 a 28,3%), in media più numerose.

L’incidenza della povertà assoluta aumenta al Nord sia in termini di famiglie (da 4,2 del 2014 a 5,0%) sia di persone (da 5,7 a 6,7%) soprattutto per l’ampliarsi del fenomeno tra le famiglie di soli stranieri (da 24,0 a 32,1%). Segnali di peggioramento si registrano anche tra le famiglie che risiedono nei comuni centro di area metropolitana (l’incidenza aumenta da 5,3 del 2014 a 7,2%) e tra quelle con persona di riferimento tra i 45 e i 54 anni di età (da 6,0 a 7,5%).

L’incidenza di povertà assoluta diminuisce all’aumentare dell’età della persona di riferimento (il valore minimo, 4,0%, tra le famiglie con persona di riferimento ultrasessantaquattrenne) e del suo titolo di studio (se è almeno diplomata l’incidenza è poco più di un terzo di quella rilevata per chi ha al massimo la licenza elementare). Si amplia l’incidenza della povertà assoluta tra le famiglie con persona di riferimento occupata (da 5,2 del 2014 a 6,1%), in particolare se operaio (da 9,7 a 11,7%). Rimane contenuta tra le famiglie con persona di riferimento dirigente, quadro e impiegato (1,9%) e ritirata dal lavoro (3,8%).

La povertà relativa risulta stabile nel 2015 in termini di famiglie (2 milioni 678 mila, pari al 10,4% delle famiglie residenti dal 10,3% del 2014) mentre aumenta in termini di persone (8 milioni 307 mila, pari al 13,7% delle persone residenti dal 12,9% del 2014). Nel 2015 la povertà relativa è più diffusa tra le famiglie numerose, in particolare tra quelle con 4 componenti (da 14,9 del 2014 a 16,6%,) o 5 e più (da 28,0 a 31,1%). L’incidenza di povertà relativa aumenta tra le famiglie con persona di riferimento operaio (18,1% da 15,5% del 2014) o di età compresa fra i 45 e i 54 anni (11,9% da 10,2% del 2014). Peggiorano anche le condizioni delle famiglie con membri aggregati (23,4% del 2015 da 19,2% del 2014) e di quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione (29,0% da 23,9% del 2014), soprattutto nel Mezzogiorno (38,2% da 29,5% del 2014) dove risultano relativamente povere quasi quattro famiglie su dieci.