L’indice di crescita per l’Italia rallenta. Parole dell’Istat secondo cui “la fase di crescita moderata dell’economia italiana” e “l’indice anticipatore del trend abbiano segnato un’ulteriore discesa, prospettando un rallentamento nel ritmo di crescita dell’attività economica nel breve termine”.
Sebbene, dunque, l’economia italiana sia “sostenuta dal miglioramento dei ritmi produttivi dell’attività manifatturiera e dai primi segnali di ripresa delle costruzioni, in presenza di un recupero della redditività delle imprese e di un aumento dell’occupazione”, si registrano “segnali meno favorevoli provengono dai consumi, dal clima di fiducia delle famiglie e dalle imprese dei servizi”.
Secondo il segretario generale dell’Ugl, Frcarrello-spesaancesco Paolo Capone, “crescita e inflazioni deboli dipendono da sfide non colte nel corso degli anni, come ad esempio un vero patto tra lavoro e impresa nel nome della partecipazione, secondo il dettato dall’articolo 46 della Costituzione, e contratti di lavoro rinnovati alla scadenza”.
L’istituto di statistica sottolinea che, nel primo trimestre, il reddito lordo disponibile delle famiglie consumatrici ha ripreso ad aumentare: +0,8%, mentre la spesa per consumi finali è risultata stazionaria dopo tre trimestri consecutivi di aumento. La propensione al risparmio è quindi tornata ad aumentare, portandosi all’8,8% del reddito lordo disponibile. In presenza di una riduzione del deflatore implicito dei consumi dello 0,3%, il potere d’acquisto delle famiglie è aumentato dell’1,1%.
“Sulla deflazione, dovuta ad un arretramento dei consumi più che alla flessione di alcuni prezzi, – ha sottolineato Capone – e bassa crescita giocano un ruolo molto importante anche la qualità, notoriamente scarsa, e la stabilità del lavoro, ormai del tutto frantumata dall’avvento del Jobs Act e dallo smantellamento dell’art. 18, operazione già avviata ai tempi della Fornero, di cui il governo sta seguendo le tracce persino in peggio, anche in materia previdenziale. Senza dimenticare che milioni di lavoratori con stipendi fermi a qualche anno fa non sono di certo incentivati a spendere o a fare importanti programmi per l futuro”.
Quanto al mercato del lavoro, secondo gli ultimi dati, ha sottolineato l’Istituto, “a maggio, è proseguito per il terzo mese consecutivo il miglioramento dell’occupazione”, “ma ad un ritmo più contenuto rispetto al mese di aprile”.  A giugno “le aspettative formulate dagli imprenditori sulle tendenze dell’occupazione per i successivi tre mesi risultano avere andamenti diversi secondo il settore: in peggioramento nei servizi e nelle costruzioni, stabili nella manifattura e in aumento nel commercio. Nello stesso mese si segnala il peggioramento delle attese delle famiglie sulla disoccupazione”.
“A forza di minare – ha concluso – i cardini sui cui si è sostenuto per decenni il cosiddetto ceto medio ovvero stipendi, pensioni, lavoro, si è indebolito tutto il sistema economico, in particolare con un mercato fermo che provoca pesanti ripercussioni intermini di produttività. Solo un cieco, ma in Italia e in Europa ce ne sono fin troppi, non può accorgersi di queste verità”.