Se da una parte l’Italia è il Paese Ue che ha registrato il maggior calo del costo del lavoro, dall’altra le retribuzioni si sono ridotte dello 0,5%. Questa la fotografia scattata oggi dall’Eurostat.
“Tra il Jobs Act – ha detto il segretario generale dell’Ugl, Francesco Paolo Capone -, che ha cancellato importanti diritti e tutele, e i contratti che non vengono rinnovati alla scadenza in primis nello Stato, è il lavoro, più che l’inflazione, ad essere intrappolato almeno in Italia in una morsa recessiva”.
Secondo l’Eurostat si registra un calo della retribuzione oraria in Italia – nel primo trimestre 2016 – dello 0,5% rispetto allo stesso periodo del 2015. Secondo il Rapporto sul costo del lavoro, il salario orario in Europa è invece aumentato dell’1,7% tendenziale. L’Italia è dunque l’unico grande Paese a registrare un calo ed è in controtendenza anche per l’intero costo del lavoro, in diminuzione dell’1,5%, mentre in Europa è in aumento dell’1,7.
“Se l’Italia è l’unico grande Paese a segnare un calo – ha spiegato ancora il segretario generale – non si possono individuare cause esterne a questo pericoloso fenomeno. Non smetteremo mai di ripetere che oltre alla riconquista di importanti diritti, di cui si fa carico senza dubbio il sindacato, da parte del governo è ineludibile una seria e urgente politica industriale”.
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