“Finalmente, dopo due anni di battaglia, siamo riusciti ad ottenere la reintegrazione nel posto di lavoro di una rsu dell’Ugl, licenziata in modo illegittimo da una nota azienda che, in molte regioni del Sud, si occupa della raccolta, del trasporto e dello smaltimento dei rifiuti. Dopo aver vinto tutti i gradi di giudizio, il nostro lavoratore è rimasto ugualmente a casa e senza stipendio: per questo motivo abbiamo deciso di coinvolgere anche il Tribunale penale. Una scelta doverosa che ha permesso alla nostra rsu di poter tornare a lavoro confermando così quanto già stabilito dal giudice in precedenza:  l’annullamento di quell’ingiusto provvedimento. Una vittoria che lascia, però, l’amaro in bocca: il lavoratore opera da anni al servizio di quell’azienda ed e’ stato trattato in un modo a dir poco assurdo. Lo abbiamo difeso fino all’ultimo e così faremo contro ogni azione ingiusta che lede la dignità e il futuro di ogni singola persona”.

Roberto Favoccia, segretario nazionale dell'Ugl Igiene Ambientale

Roberto Favoccia, segretario nazionale dell’Ugl Igiene Ambientale

Questo è lo sfogo di  Roberto Favoccia, segretario nazionale dell’Ugl Igiene Ambientale che, – in esclusiva a La Metasociale  – racconta i due anni ‘d’inferno’ vissuti da Partorino C., rsu della suddetta azienda ubicata in provincia di Napoli.

 Il motivo del licenziamento?

“Era il 2014, il mese di aprile per essere più precisi, Partorino era in permesso sindacale ed era insieme ad un gruppo di lavoratori. Stavano organizzando un’assemblea – cosa del tutto legittima – quando all’improvviso si avvicina uno dei dirigenti dell’azienda ‘invitandolo’ – in modo provocatorio –  ad uscire dal cantiere. Il nostro rappresentante – secondo quanto confermato anche dai numerosi testimoni presenti in sede al momento della discussione – si sarebbe semplicemente rifiutato proprio perché stava rispondendo al suo ruolo di rappresentante sindacale. Ebbene, poco dopo, sarebbe giunta la lettera di licenziamento perché –  secondo quanto raccontato dal dirigente in questione –  la nostra rsu lo avrebbe addirittura aggredito. Dopo due anni di intensa battaglia sindacale e giudiziaria siamo riusciti a dimostrare il contrario. Eppure nel corso di questa lunga ed estenuante ‘trattativa’ – per la tutela del lavoratore che si è visto ‘strappare’ il diritto al lavoro in modo illegittimo – abbiamo tentato in tutti i modi di optare percorsi diversi rispetto a quello giudiziario, anche quello della conciliazione, ma non c’è stato verso: l’azienda è rimasta ferma sulla sua decisione, fino a qualche settimana fa”.

Prima del reintegro del dipendente nel posto di lavoro, l’azienda aveva proposto altre soluzioni? 

Dalla prima sentenza vinta, risalente al dicembre del 2014, l’azienda non ha né pagato gli stipendi al lavoratore e né gli ha permesso di ritornare a lavoro. L’unica opzione proposta è stata quella di assumerlo con un nuovo contratto legato alle precarie regole del Jobs Act, la strada più semplice e veloce per portarlo poi al licenziamento. Insomma un uomo che ha lavorato per anni all’interno di quella società ha dovuto subìre un simile trattamento”.

Ma è notizia di pochi giorni fa, invece, il ritorno a lavoro di Partorino.

Non rispettare una sentenza è un reato penale, per questo motivo alcuni mesi fa ci siamo rivolti ad un penalista per avere delle risposte ancora più incisive a riguardo. La data fissata per l’udienza in tribunale era il 24 giugno prossimo.  Improvvisamente, l’azienda per evitare ulteriori ripercussioni  ha richiamato in servizio la nostra rsu. La spinosa vicenda, quindi, sembra essersi conclusa. L’unica cosa che ci rammarica è quella di aver sprecato tempo ed energie importanti per un’assurda lotta che poteva essere risolta in modo più semplice: ascoltando il lavoratore che – ripeto – non aveva aggredito il dirigente aziendale. Purtroppo questo non è l’unico caso: altri due iscritti Ugl hanno subìto dall’azienda lo stesso trattamento”.