La funzione rieducativa della pena, il senso di umanità restano l’obiettivo primario. Bisogna proseguire sulla strada che sappia unire sicurezza alla comunità e relazioni sociali, opportunità di istruzione e lavoro per offrire ai detenuti la scelta del recupero e dell’integrazione”.

Parla di carceri il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, parla di detenuti, di vita dietro le sbarre e di condanne che devono rieducare, non semplicemente punire chi ha sbagliato. Si rivolge poi agli agenti che negli istituti di pena lavorano e affrontano nel quotidiano molteplici difficoltà.
Un messaggio di profonda importanza quello che Mattarella, oggi, ha inviato al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Santi Consolo, in occasione del 199/mo anniversario della fondazione del Corpo della Polizia penitenziaria.
Proprio durante questa importante ricorrenza, Alessandro De Pasquale, segretario nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria, chiede al Presidente della Repubblica “di farsi garante del progetto di riforma elaborato dalla commissione guidata da Nicola Gratteri, procuratore aggiunto di Reggio Calabria”.
“Gratteri aveva immaginato una riforma rivoluzionaria degna della professionalità delle donne e degli uomini che vi fanno parte, una polizia penitenziaria non più ghettizzata ma proiettata in attività istituzionali esterne.
Una polizia penitenziaria non più ghettizzata –  prosegue De Pasquale – con maggiori competenze esterne di polizia prevedendo, tra l’altro, servizi radiomobili sul territorio (scorte e tutela dei magistrati, protezione dei testimoni e dei collaboratori, controllo delle misure esterne e degli affidati in prova, sicurezza dei tribunali).

Per il sindacalista “agli agenti dovrebbero essere attribuiti compiti di primo piano a differenza della situazione attuale che li vede confinati alla funzione di custodia dei detenuti.

Agenti di Polizia Penitenziaria

Agenti di Polizia Penitenziaria

L’idea è quella di creare una forza di polizia presente anche sul territorio, arricchendola di nuove competenze come, ad esempio, eseguire gli ordini di arresto per gli imputati con condanne definitive, ricercare latitanti, controllare gli arrestati domiciliari e i soggetti sottoposti alle misure alternative, proteggere i collaboratori di giustizia, i tribunali e i magistrati”.
Interessante la dichiarazione del Ministro della Giustizia, Andrea Orlando – conclude il sindacalista  – che durante il suo intervento ha immaginato un “agente sempre meno della segregazione” senza, però, indicarci un’idea di riforma che possa davvero conciliare “severità e umanità” nell’attività istituzionale della polizia penitenziaria”.