L’Enas conferma l’inchiesta pubblicata da Libero lo scorso 30 maggio a firma di Sandro Iacometti: tanti, troppi assegni previdenziali erogati dall’Inps sono più bassi di quanto dovuto.
“Purtroppo siamo di fronte ad un fenomeno vero, reale, di cui Libero ha fatto benissimo a occuparsi e a denunciare, perché ci aiuta a tutelare meglio i nostri utenti”, ha dichiarato al quotidiano il presidente del patronato, Stefano Cetica.

Clicca qui per leggere lo studio dell’Enas su Libero

Clicca qui per leggere l’inchiesta di Libero del 30.05

LO STUDIO EFFETTUATO DALL’ENAS PER LIBERO – In un articolo pubblicato ieri sul quotidiano, Iacometti riporta i dati di un’analisi a campione richiesta da Libero all’Enas e riguardante le pratiche previdenziali gestite in via ordinaria: su 5884 domande di accesso alla pensione presentate all’Inps dal patronato su base nazionale, quelle che hanno portato al computo di un rimborso da gennaio a dicembre del 2015 sono 942, ovvero il 16 per cento.

I dati Enas sull'articolo di Libero

I dati Enas sull’articolo di Libero

Per quanto riguarda i dati regionali della Campania, su 815 pratiche pensionistiche, 163 assegni si sono rivelati inesatti o comunque da ricalcolare nel 2015 (20 per cento). Ancora più alto il dato in Lazio, dove su 1.068 pensioni, nel 2015 330 hanno ottenuto la ricostituzione della pensione con la revisione dell’importo (30 per cento). In Sicilia su un totale di 718 pensioni, 103 si sono rivelate inesatte (14,3 per cento). A Roma e Provincia, su 658 pratiche, 235 hanno ottenuto la revisione dell’importo (35,7 per cento), mentre a Napoli e Provincia hanno portato a computo di un rimborso 69 pratiche su 394, ovvero il 17,5 per cento.
Oltre al danno, la beffa è rappresentata dal fatto che una norma introdotta nel 2011 accorcia a tre anni il termLibero 0206_Page_2ine per chiedere la correzione degli assegni sballati: “il provvedimento – sottolinea Cetica – sarebbe stato ancora più iniquo se non fosse stato per la sentenza numero 690/2014 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato illegittima la parte relativa alla retroattività del limite decadenziale di tre anni per i giudizi pendenti in primo grado nel 2011”.