Francesco Paolo Capone, segretario generale dell'Ugl

Francesco Paolo Capone, segretario generale dell’Ugl

Il governo apre al confronto sulle pensioni. Impostato il metodo, ma nel merito, vincoli di bilancio a parte, ancora nulla. Per Capone l’Ape è ipotesi inaccettabile.

Il governo ora sembra intenzionato a dialogare su previdenza e lavoro. Quali le aspettative?
Le aspettative le formuleremo al momento in cui si aprirà un confronto vero con tutte le parti sociali sulla previdenza. Per ora abbiamo appreso dal ministro Poletti che i paletti del Governo sono i vincoli di bilancio e che comunque il prossimo 14 giugno ci sarà un nuovo incontro su previdenza e sul lavoro. Un segnale non ancora sufficiente per dichiarare vero il confronto con il Governo.
Preoccupano di più, se vogliamo, le successive dichiarazioni del Premier Renzi che, accanto all’idea di intervenire sulle pensioni minime troppo basse con un bonus di 80 euro dal sapore vagamente elettorale, rilancia con forza l’idea dell’Ape (anticipo di pensione) quale strumento di flessibilità in uscita dal mondo del lavoro affidando alle banche e alle assicurazioni l’erogazione della futura pensione flessibile.


L’Ugl non è d’accordo con la flessibilità in uscita?

“Siamo d’accordo, ma bisogna capire cosa si intende per meccanismo di flessibilità. Perché se troppo punitivo o ‘ampio’, con aliquote di penalità medie pari al 3-4 per cento, l’Ugl non ci sta, anche perché tale penalizzazione potrebbe essere accompagnata dal superamento del regime misto, più vantaggioso, per l’applicazione del solo sistema contributivo, con il risultato che la penalizzazione effettiva sarebbe molto più marcata, fra il 15 e il 20%. Non ci stiamo neanche – e questo è l’altro aspetto inquietante dell’Ape – a fare entrare banche e assicurazioni nell’erogazione della futura pensione flessibile. Questa ipotesi intanto penalizzerebbe doppiamente chi chiede di poter usufruire del beneficio delle flessibilità. Da una parte ottengo di andare in pensione con una decurtazione dello ‘stipendio’ e dall’altra devo poi restituire mensilmente una quota alle banche o alle assicurazioni per coprire i contributi da loro versati negli anni di anticipo. Mi sembra un meccanismo inaccettabile. Esistono poi proposte di legge come quella del’On. Renata Polverini (FI), vice presidente della Commissione Lavoro alla Camera, e responsabile nazionale del Dipartimento Lavoro di Forza Italia, che prevedono aliquote di penalità del 2%, senza intervento sul meccanismo di calcolo dell’ammontare dell’assegno, oltre a benefici per le persone che, ad esempio, svolgono un’attività lavorativa e allo stesso tempo devono assistere i propri familiari o che sono impiegati nei lavori usuranti o che, ancora, hanno accumulato almeno 41 anni di contributi. Ciò vuol dire che la flessibilità non deve fare per forza rima con penalità. Il punto è che sui quotidiani continuiamo a leggere indiscrezioni, anticipazioni, simulazioni di quello che potrebbe essere o non essere l’Ape. In questi articoli si va molto, molto più in avanti rispetto a quello che è emerso dalle dichiarazioni ufficiali. A pensare male si fa peccato, ma qualche volta ci si azzecca”.

Da qualche parte, però, le risorse bisognerà pur trovarle per finanziare la flessibilità. L’Ugl cosa propone?
“Premesso che, soprattutto in un’ottica di lungo periodo, i costi sono sostenibili, considerando anche che per riparare i danni prodotti dalla Fornero abbiamo speso una minima parte, circa dieci miliardi, degli ottanta miliardi di risparmi totali, l’Ugl da sempre, e anche in questa occasione continua a farlo, chiede un’operazione verità sui bilanci dell’Inps, che, non a caso, risultano sempre in rosso e hanno sempre ‘giustificato’ il ricorso a riforme sempre più inique. Ma solo perché non si fa una netta distinzione nel bilancio dell’Inps tra ciò che è previdenza, ovvero ciò che viene pagato e finanziato esclusivamente con i contributi presi ogni mese nella busta paga dei lavoratori, e assistenza, ciò che viene pagato e erogato dallo Stato. La differenza è netta: per essere chiari, la previdenza si paga da sola ed è in salute. Lo sarebbe ancora di più se la precarietà non fosse diventata ‘sistema’ nel mondo del lavoro. Poi c’è un immenso patrimonio dell’Inps che non viene adeguatamente sfruttato ed è quello immobiliare, ad oggi solo un costo, mentre potrebbe diventare una straordinaria fonte di autofinanziamento dell’Istituto, senza più dover ricorrere a riforme quantomeno discutibili. Come quella della Fornero, da cui vorremmo tanto uscire, purché non la si faccia pagare agli stessi che si afferma di voler aiutare”.