Nel 2015 la povertà in Italia non è diminuita e al Sud la situazione è molto peggiore rispetto al Nord.

Il Rapporto Istat di quest’anno coincide con il novantesimo compleanno dell’Istituto, e non resiste alla tentazione di tracciare un efficace ritratto, una narrativa per dati dell’evoluzione del Paese dal dopoguerra ai giorni nostri. Con un’istantanea del presente non molto entusiasmante.

Il disagio economico si mantiene su livelli alti per le famiglie con a capo una persona in cerca di occupazione, in altra condizione professionale (diversa dai ritirati dal lavoro) o con occupazione part-time.

“Nel Mezzogiorno la quota di persone gravemente deprivate – si legge nel rapporto – risulta oltre tre volte più elevata che al Nord”. Focalizzando l’attenzione solo sulla parola chiave ‘Mezzogiorno’, la Metasociale ha intervistato Giovanni Condorelli, segretario confederale dell’Ugl, con delega alle politiche del Mezzogiorno.

“Tutta l’Italia è in difficoltà economica, ma, nonostante la complessa situazione, non bisogna cedere alla tentazione di abbandonare il Sud tutto ciò sarebbe a lungo termine controproducente per l’economia dell’intero Paese”.

Qual’ è la ricetta dell’Ugl per rispondere alle problematiche del Sud?

“Lo diciamo ormai da tempo. Per superare la crisi è necessario realizzare un serio e lungimirante progetto di industrializzazione del Paese, di politiche sociali che tutelino maggiormente le fasce deboli, di una fiscalità che supporti i produttori di ricchezza e benessere, quindi i lavoratori ma anche le piccole e medie imprese. Il famoso Masterplan che il Governo sta pubblicizzando in tutta Italia non potrà mai concretamente rispondere alle esigenze e alle problematiche del Meridione. Non aggancia concretamente le richieste di un territorio flagellato da molteplici vertenze“.

Faccia un esempio…

Il Governo non può chiudere gli occhi di fronte a vertenze delicate come quella che coinvolge ad esempio l’Eni e, deve intervenire per fermare il disimpegno dell’azienda dalla Chimica che si tradurrà in un ostacolo enorme per lo sviluppo di cui il Paese è all’eterna ricerca.

Quello che chiedono i lavoratori del comparto è che si scriva finalmente la parola fine alle “delocalizzazioni” e soprattutto alla svendita del Gruppo, senza dimenticare i danni che il JobsAct del Governo sta portando al mondo del lavoro. Questo è solo un esempio, ma le aziende che chiudono o che delocalizzano per trovare sostegno in realtà con un costo del lavoro inferiore rispetto al nostro sono davvero tante. Basti da esempio il settore dei call center. Siamo davvero stanchi dei soliti ‘annunci’, pretendiamo risposte concrete”.

In risposta ad azioni concrete per il salvataggio del Sud l’Ugl ha realizzato un’iniziativa: SudAct, nata lo scorso anno e concretizzata il 19 settembre del 2015 con la prima tappa a Bari in apertura della Fiera del Levante.

Proprio attraverso l’iniziativa promossa dal nostro sindacato “SudAct” vogliamo superare la ‘barriera’ degli ‘spot’ di Renzi e pensare (concretamente) ad un futuro migliore per il Sud e quindi per il Paese. Istat, Svimez ed Eurostat continuano a ‘raccontarci’ di un Mezzogiorno sempre più distante dal Nord, ma noi non possiamo fermarci o lasciarci abbattere da quei dati, dobbiamo trovare insieme soluzioni pronte a superare quel gap che ancora divide il Paese in due”.

Le leve della rinascita del Sud sono racchiuse tutte nelle otto proposte del SudAct: Ambiente, Infrastrutture, Fondi europei, Turismo, Energia, Occupazione, Welfare e Agroalimentare. Ecco, puntare a queste risorse sarebbe il primo importante passo per il riscatto del Sud”.

Per riportare alla luce queste potenzialità cosa occorre?

“Per azionarle occorre il contributo di tutti, occorre un serio confronto con il Governo e con le Regioni del Sud, che purtroppo fino ad oggi hanno dimostrato di non saper fare sistema”.