di Marco Colonna

Continua a far discutere il Piano Industriale 2015 – 2019 del Gruppo Poste Italiane e in particolare l’ipotesi, in esso contemplata, della riduzione d’organico di alcune decine di migliaia di unità (22.500 secondo Milano Finanza Dow Jones , non meno di  17-20.000 secondo fonte  sindacale).
Per la maggior parte personale impegnato nel comparto recapiti che, nei piani di Poste, dovrebbe essere fortemente ridimensionato. Esuberi che dovrebbero essere “coperti” in parte con esodi incentivati, con il progetto svincolo e il fondo di solidarietà.
Dai 145.000 dipendenti attuali la forza lavoro di Poste scenderebbe tra 5 anni a 131.000 unità, per un risparmio di 100 milioni, dai 6,2 miliardi di oggi ai 6,1 mld del 2020.
Il piano delle Poste Italiane, a regime, interesserà il 25% della popolazione italiana e ben 5.200 Comuni su 8mila, con la riduzione degli uffici postali da 13.000 e 11.800.
Con l’accorpamento delle filiali a livello provinciale, la chiusura di uffici e l’alleggerimento nelle aree periferiche, la soppressione di 7 degli attuali 18 centri di smistamento, la riduzione da 9 a 4 delle tratte aeree postali.
L’Ugl ha più volte protestato contro gli esuberi “indiscriminati” per un’azienda pur  “da 12 anni in attivo” e dall’ottobre scorso privatizzata e quotata in borsa.
Un’azienda che ha visto la cessione lo scorso anno da parte del ministero dell’Economia e della Finanza del 35% del capitale e in attesa che ne metta in vendita una nuova tranche del  30%, passando così da una proprietà pubblica del 65% ad una quota del 35%. Un’operazione che porterà il nome del premier Renzi che s’è  impegnato con l ‘Unione Europea a realizzare un programma di privatizzazioni da circa 8 miliardi l’anno, da destinare alla riduzione del debito pubblico.
Ma intanto in tutta Italia si moltiplicano i contenziosi.
Sul piatto delle disparità contestate da sindacato, cittadini e utenti le dinamiche salariali ed il costo dei servizi:  pesa la contraddizione fra i tagli operati al personale (la riduzione di postini, corrieri e sportellisti) , l’aumento di numero e di busta paga per quadri dirigenti e cda e gli aumenti che ricadono sui cittadini delle tariffe (bollettini, Rav, F35,  posta ordinaria e prioritaria) ed il disagio della consegna a giorni alterni della corrispondenza.
Le aziende che gestivano in appalto i servizi di consegna corrispondenza e di trasporto prodotti postali per conto di Poste Italiane licenziano, come accaduto a Bologna con i 9 lavoratori della Transystem  lasciati a casa.
E si moltiplicano i Comuni che contro la posta consegnata a giorni alterni e la chiusura degli sportelli dei piccoli uffici postali ricorrono al Tar , con risultati comunque che generano attesa.
In Emilia-Romagna il sindacato Ugl regionale – Comunicazioni ha inviato all’ amministratore  delegato di Poste Italiane Francesco Caio una “lettera aperta” dove si chiede di sospendere il Progetto di riorganizzazione (a cominciare proprio dalla ristrutturazione del servizio recapito) ed elaborare, in tempi rapidissimi, un Piano di miglioramento del Servizio Recapito che consenta di ottenere una riduzione dei costi, pace sociale, rafforzamento del Brand Aziendale e, soprattutto, più qualità per la clientela, a cui nessuno sembra più pensare”.
Mentre in Toscana contro i provvedimenti di Poste Italiane  si sono mobilitati gli enti locali che hanno avanzato una richiesta di sospensiva accolta dal Tar Regionale. I tagli verticali in alcuni piccoli Comuni con la chiusura dello sportello e i ritardi nella consegna della corrispondenza avrebbero penalizzato le tante piccole comunità montane e rurali con il 50% di persone sopra i 65 anni.
Ben 41 comuni piemontesi che contestano il piano di Poste Italiane che prevede la riduzione delle consegne del servizio universale  hanno presentato un ricorso al Tar del Lazio  ed i giudici amministrativi  hanno  deciso in questi giorni di sospendere il giudizio e di trasmettere gli atti al massimo organismo europeo : la Corte di giustizia dell’Unione europea.
E proprio in Europa si gioca la verifica sulla regolarità del Piano: l’UE, che nella direttiva in vigore sui servizi postali stabilisce che la corrispondenza vada prelevata e recapitata, in ogni area dei singoli Paesi, almeno 5 giorni alla settimana. Mentre la riforma voluta da Francesco Caio che prospetta la consegna a giorni alterni della corrispondenza in determinate zone del Paese (località di montagna, isole, zone impervie)  si scontra con la direttiva di Bruxelles (l’ultima è del 2008) cui spetterà – per voce della   Corte di Strasburgo –  l’ultima parola.
Ma in attesa della sentenza, prevista per fine anno, Poste Italiane si dice intenzionata ad attivare la riduzione di servizio come di fatto sta già avvenendo.

Intervista al segretario confederale dell’Ugl, Ermenegildo Rossi

Come giudica il Piano Industriale 2015 – 2019 del Gruppo Poste Italiane?
Si tratta di un piano assolutamente da rivedere, con una trattativa che va portata avanti non solo in ambito aziendale, ma con il Governo e in particolare il ministero dell’Economia che siano protagonisti attivi della negoziazione.

Quali sono i principali punti di criticità?
In primo luogo, anche alla luce della privatizzazione, non sono presenti bastanti garanzie occupazionali per i lavoratori. Un futuro azionista di maggioranza privato, naturalmente incline alla logica del profitto, potrà intervenire drasticamente sui posti di lavoro. L’effetto incrociato di questo probabile scenario e del Jobs Act avrebbe ricadute molto pesanti sul personale. Non è poi tollerabile che venga meno il servizio sociale al cittadino: con la chiusura degli uffici, l’accorpamento delle filiali e l’alleggerimento nelle aree periferiche, molte persone verranno private dei servizi postali e bancari subendo disagi insostenibili. Come potrà un abitante anziano di un’area periferica ritirare la propria pensione senza un ufficio postale vicino?

Quali sono le richieste portate avanti dall’Ugl?
Già dal primo incontro in sede di trattativa con Poste abbiamo chiesto, alla luce dei palesi sacrifici richiesti ai lavoratori, la loro partecipazione agli utili e alle decisioni aziendali, sulla falsariga del modello tedesco. I dipendenti non possono soltanto subire pesanti penalizzazioni, ma devono anche poter accedere alla condivisione dei risultati aziendali.
Inoltre, come ho già ricordato, chiediamo al Governo di concretizzare soluzioni atte a salvaguardare il futuro di Poste –  una delle più grandi realtà industriali italiane e –  a farlo con profondo senso di responsabilità e serietà in quanto, tutt’oggi, azionista di maggioranza”.