di Alessandro De Pasquale

Segretario Nazionale Ugl Polizia Penitenziaria

 

Fare sindacato in polizia penitenziaria significa fronteggiare quotidianamente una serie di  limitazioni dovute, principalmente, alla ‘compressione’ di molte prerogative sindacali da parte del Ministero della Giustizia.

E’ palese come l’Amministrazione Penitenziaria stenti a riconoscere un diritto sacrosanto dei sindacati che prescinde dal grado di rappresentatività, ossia quello di informare i propri associati. Il diritto all’informativa è di primaria importanza ai fini di un’efficace attività sindacale:  come si può fare sindacato senza divulgare le informazione ai propri iscritti? Come può un’Amministrazione dello Stato non riconoscere il diritto all’informativa di un sindacato?

L’Amministrazione Penitenziaria è, purtroppo, ancora legata a vecchie ideologie e logiche retrograde che la inducono a seguire schemi ‘anacronistici’, i quali vanno a ledere e limitare i diritti dell’organizzazione sindacale.

Un’amministrazione che non ha saputo mettersi al passo con i tempi ma vive, anzi, ‘vegeta’ adorando totem ormai decaduti, e limitando di conseguenza l’operosità sindacale a vantaggio dei sindacati più rappresentativi. Solo la consapevolezza di questo stato di cose può spiegare i motivi che la inducono a ostacolare l’esercizio del diritto all’informazione, che trova fondamento sia nell’ordinamento internazionale che in quello interno.

Nello svolgimento dell’attività sindacale registriamo dunque, quotidianamente, la lesione degli articoli 3 (principio di uguaglianza) e 39 (principio della libertà sindacale) della Costituzione, attuati dalla legge 300/70. E a nulla è valsa la sentenza n.4580 del Consiglio di Stato del 9 settembre 2014 che si è pronunciata in modo chiaro e a favore sul diritto di informazione. Il Consiglio di Stato nel 2014 ha voluto affermare che “a qualsiasi sindacato, anche se non compreso tra le associazioni più rappresentative, deve essere riconosciuto il diritto di informazione”. Inoltre il collegio ha chiarito che “il diritto di informazione non può essere plausibilmente negato a qualsiasi sindacato legittimamente costituito e riconosciuto che ne faccia richiesta” e “a prescindere dal concorso alla formazione di contratti nazionali”. È palese come la ratio di questa sentenza sia volta a riconoscere o meglio garantire maggior tutela e una rilevata rappresentanza agli iscritti di un sindacato.

Se il Ministero dell’Interno ha recepito sin da subito tale giurisprudenza, il Ministero della Giustizia sembra essere cieco e sordo nei confronti di questi “stimoli normativi”. Forse è arrivato il momento che il Ministro della Giustizia Orlando si faccia carico del problema, invitando il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ad assumere una posizione chiara su una questione di fondamentale importanza come il riconoscimento di un diritto dal quale discende il modus operandi dell’azione sindacale.