di Marco Colonna

 

L’ultima del governo Renzi? Elaborare il tanto atteso (dall’Ue) testo sul Codice appalti diverso da quello concordato al ministero delle Infrastrutture. Un testo lontano mille miglia da quello su cui si erano esercitati lungamente i parlamentari nelle commissioni di Camera e Senato. Una legge che così come è stata  pubblicata in Gazzetta ufficiale tradisce nello spirito e nella forma le modalità stesse degli affidamenti pubblici a danno dei diritti dei lavoratori e dell’interesse collettivo (anche economico) e ad onta della certezza delle clausole sociali.

In sintesi, il testo pubblicato in Gazzetta il 19 aprile considera facoltative e non obbligatorie le clausole sociali nei bandi di gara e le clausole di salvaguardia dei livelli occupazionali, tradendo, per esempio, l’accordo raggiunto a suo tempo dai sindacati delle costruzioni con il ministro Graziano Delrio per i lavoratori impegnati nelle concessioni autostradali.

Una misura che impedisce di fatto gli automatismi che consentono l’assorbimento dei lavoratori di un’impresa uscente in quella subentrante in caso – frequentissimo in Italia – di cambio di titolare dell’appalto.

Il nuovo Codice prevede che il  massimo ribasso si possa usare solo per le gare di lavori di importo fino a un milione di euro e sopra questa cifra si userà il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, applica gli obblighi di comunicazione sulle offerte avanzate dalle ditte subappaltatrici solo per le opere sopra un’ indicativa soglia Comunitaria (1 milione di euro per i lavori  mentre nella bozza precedente si voleva abbassare la soglia a 500mila euro ) permettendo che nella maggioranza dei casi si possano dunque affidare gli appalti con procedure negoziate e/o semplificate rispetto alle gare ordinarie.
Facendo venier meno così gli obblighi di trasparenza per la gran parte delle opere pubbliche che verranno commissionate, visto che la maggior parte dei contratti riguarda proprio appalti al di sotto del milione di euro e con il prevedibile peggioramento della qualità delle opere. Con i casi di concorrenza sleale fra le imprese per aggiudicarsi i bandi che si moltiplicheranno!
Non solo, in buona sostanza, la discrezionalità incontrollata degli affidamenti  renderà più facile la scalata delle Mafie alle risorse pubbliche erogate per “ammodernare” il sistema Italia.

Inoltre , il nuovo Codice sugli appalti non risolve un’annosa (ed onerosa) problematica che affligge la Pubblica amministrazione in senso lato: esonera la progettazione “interna” delle opere pubbliche e la appaltata ai privati con il prevedibile aggravio di risorse e a tutto vantaggio di lobby che come finalità principale non perseguono quella della tutela dell’occupazione .

L’Ugl contesta duramente questo testo, così come trasformato all’ultimo minuto dal governo Renzi, tradendo anche le prescrizioni sollecitate da Raffaele Cantone presidente dell’Anac, Autorità nazionale anticorruzione.
Il sindacato stigmatizza la marcia indietro avallata dal premier Renzi in materia di trasparenza e tutela dei posti di lavoro. Perchè una cosa è certa già da oggi: eliminando l’obbligatorietà della clausola sociale, si dissolve anche la tutela del posto di lavoro dei dipendenti nelle situazioni di passaggio dell’appalto da un’impresa all’altra o peggio nell’interruzione di un’opera a causa del fallimento della ditta. 
Ipotesi tutt’altro che infondata visto che l’Italia detiene il record negativo delle “incompiute”, con quasi mille (864 censite al 2014) opere di rilevanza statale e regionale mai concluse, alcune anche da diversi anni, come rivelano i dati dell’Anagrafe delle opere incompiute di interesse nazionale.