di Barbara Faccenda

Bernie Sanders ha vinto il caucus democratico nel Wyoming sabato, aggiungendo un altro punto alla sua striscia di vittoria delle scorse settimane. Ha catturato il 56% del voto contro il 44% della Clinton. Piccolino e irresistibilmente bianco, il Wyoming calza a pennello con il profilo di stato amico di Sanders. Tuttavia il margine di vittoria di Sanders non è abbastanza per tagliare fuori la Clinton.

La crescita di Sanders non cambia la matematica di base: segue la Clinton con più di 2 milioni di voti di quelli assegnati finora e 250 promesse di delegati. Tra i superdelegati che hanno espresso una preferenza, la Clinton ha la guida di altri 438 delegati. Questi superdelegati possono riconsiderare la loro posizione da qui alla convention. Tutto ciò rende la possibilità di sorpasso di Sanders sulla Clinton abbastanza improbabile tra i delegati sempre da qui al 14 giugno l’ultimo turno elettorale delle primarie sul calendario. Lungo la traiettoria attuale, è possibile che Sanders possa stare tra i candidati preferiti dei democratici nei sondaggi nazionali alla fine delle primarie, anche se la Clinton ha accumulato più voti e delegati nel corso di questi 5 mesi e mezzo di voto. Quello che conta sono i voti attuali e i delegati e dato l’ex status di Sanders come indipendente, sarebbe improbabile persuadere i superdelegati ad abbandonare in massa la Clinton. Tuttavia li potrebbe mettere in una posizione sgradevole tra la fine del voto e la convention.

Cruz ha 520 delegati repubblicani contro i 743 di Trump. Il primo spera di vincere abbastanza voti da bloccare una vittoria schiacciante di Trump e poter così forzare una decisione alla convention del partito a luglio. La battaglia di Donald Trump per ottenere delegati fedeli per la convention nazionale cresce ancora più disperatamente da sabato, quando perde in Colorado e Sud Carolina.

La raccolta fondi di Cruz, anche se non è del tutto chiaro come sia stato in grado di reclutare nuovi donatori per la sua campagna, specialmente dopo che Rubio ha abbandonato la corsa, gli permette di restare competitivo contro Trump. Quest’ultimo malgrado le affermazioni del suo valore in 10 miliardi di dollari non è desideroso di aprire ancora di più il suo portafoglio.

Cruz sta cercando di portare dalla sua parte la coalizione repubblicana ebrea e convincere donatori disillusi ed attivisti di partito ad unirsi alla sua corsa per la Casa Bianca. Ha l’occasione di rimodellare la percezione di una folla che generalmente non l’avrebbe individuato come prima scelta, ma che è largamente opposta a Donald Trump e non è certo abituata a stare fuori dalla politica di partito. Il supporto diffuso da parte della coalizione repubblicana ebrea, un organo molto ben rispettato nella politica del GOP, manderebbe un messaggio significativo circa l’unità del partito attorno a Cruz. Beneficia del fatto che due prominenti sostenitori il governatore del Texas Greg Abbot e del Wisconsin Scott sono sul programma della coalizione repubblicana ebrea.PrimarieUsa_lametasociale

Il punto focale è se Trump riuscirà ad assicurarsi i 1237 delegati al primo turno della convention di quest’estate in Cleveland e sugli sforzi di negare al magnate questi delegati. Tuttavia ci sono già i primi segni di un potenziale contraccolpo se lui fosse il leader dei delegati ma non avesse la maggioranza. La minaccia non è solo che Trump serrerà il partito in un confronto disgregante; i sondaggi rivelano che il partito dovrebbe nominare Trump qualora vincesse la maggior parte dei delegati anche se non è abbastanza per nominarlo al primo turno. Il 40% dice che il partito dovrebbe nominare una persona differente. Il 55% dei votanti del Wisconsin la settimana scorsa ha dichiarato che se nessuno vincesse la maggioranza dei delegati allora il partito dovrebbe nominare il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti.

La partita è ancora aperta.