di Marco Colonna

 

Il dramma del precariato è tutto nei numeri: 165.578  domande di partecipazione al concorso per docenti su  63.712 posti  disponibili e  una platea potenziale di almeno 200mila candidati .

La scadenza del bando era il 30 marzo 2016. E l’afflusso dei richiedenti è stato tale che il sistema on line del ministero dell’istruzione e’ andato in tilt proprio nell’ultimo giorno utile, con  migliaia di docenti che hanno cercato di iscriversi e sono rimasti bloccati, con molti candidati che hanno dovuto  ricompilare la domanda già inoltrata più volte, anche a causa dei tanti chiarimenti definitivi giunti dal Miur solo a ridosso del ponte di Pasqua e  le prove scritte che si svolgeranno a partire dalla fine del mese di aprile.

Per capire il problema, venerdì scorso, risultavano inoltrate 89mila iscrizioni e altre 70mila erano in corso di lavorazione negli ultimi giorni.

E s’è già innescata una polemica sulle esclusioni – ritenute  illegittime –  di almeno una quindicina di tipologie di candidati. L’Anief, Associazione nazionale insegnanti e formatori,   ha annunciato  impugnazioni a raffica e denuncia un’altissima presenza di ricorrenti neo-laureati, i soggetti che vorrebbero trovare subito un impiego per non ingrossare le fila della disoccupazione giovanile.

L’età media generale di chi ha partecipato al concorso per docenti  è di 38,6 anni  segno che un’intera generazione di persone (i 50enni) s’è autoesclusa dal bando o ha rinunciato al sogno di una vita dovendo tirare avanti con altri mezzi.

Non una parola dal Miur o su questa debacle del sistema informatico e non un cenno ad una invocata riapertura dei termini, ipotesi che, a questo punto, sembra esclusa del tutto a danno delle migliaia di esclusi.

Piuttosto, registriamo il richiamo a quello sembra un vero e proprio rimprovero: “I candidati hanno avuto un mese di tempo dal 29 febbraio scorso –  per presentare le domande, ricorda il comunicato stampa del ministero diffuso nella stessa serata del 30 marzo. E il  ministro Stefania Giannini  aggiunge con il solito tono trionfalistico del governo Renzi: “L’alta adesione al concorso, la numerosa presenza di giovani dimostra che siamo sulla strada giusta. Dopo anni di mancate risposte sul tema del precariato storico e di concorsi che si sono svolti a singhiozzo, stiamo cercando di riportare il Paese alla normalità: con la Buona Scuola prevediamo bandi ogni tre anni e dunque certezze sui tempi di selezione per l’ingresso nella scuola“.

Ma ancora una volta la legge dei numeri condanna  la cosiddetta “Buona Scuola” del premier Renzi e non è stato sciolto il nodo delle supplenze: l’anno scorso i precari erano 118.172 , quest’anno sono poco meno: 105.395. Docenti che hanno subito l’umiliazione dello stipendio pagato a singhiozzo, con le risorse finanziarie perennemente insufficienti e il rimpallo di responsabilità tra Miur e Mef.

E nel complesso è il piano delle assunzioni a fare acqua da tutte le parti , ad oggi oltre 15mila cattedre rimangono scoperte e il governo dovrà rispondere di un’assurdità che grida vendetta:  escludere dalle assunzioni proprio quei docenti abilitati che avrebbero potuto coprire le cattedre vacanti.
Una conflittualità latente che esploderà a breve – come ogni anno – con l’annunciata attivazione del piano straordinario di mobilità, con la possibilità per ogni docente di chiedere il trasferimento in una scuola diversa da quella assegnata.
La storia insegna: con il “toto-cattedre” aumentano anche i ricorsi alle supplenze. Una spirale senza fine di polemiche che vede al centro la sorte dei precari in balia delle   supplenze. Sub judice  i contratti a tempo determinato di tipo annuale assegnati, in modo incostituzionale, direttamente dai dirigenti scolastici attraverso gli albi territoriali e l’illegittimità tutta italiana della reiterazione dei contratti a tempo determinato finita nel mirino della Corte di Giustizia europea che ha chiamato ad  esprimersi sulla controversa materia la Corte Costituzionale che si riunirà in udienza  il prossimo 17 maggio. E, nel frattempo, si prevede un’impennata di ricorsi in tribunale.