di Barbara Faccenda

La radicalizzazione dei detenuti non è né nuova né unica. Un certo numero di organizzazioni estremiste, soprattutto del jihad violento, ha dimostrato come il sistema carcerario sia usato come fonte di nuove reclute e come base di potere. Le aperture cognitive a nuove, radicali idee, non sono uniche nei detenuti musulmani contemporanei e neanche dell’ambiente carcerario.

La carcerazione può aumentare l’influenzabilità di un detenuto ad adottare nuove idee e radicalizzare le sue convinzioni in un processo definito come “apertura cognitiva”. Sono impressionanti le analogie tra quelle che sono ritenute le esperienze psicologiche che rendono i giovani musulmani influenzabili alla radicalizzazione e l’impatto psicologico della carcerazione sugli individui in generale. Queste esperienze includono: soffrire di crisi di personalità che mettono in discussione o anche distruggono la concezione di sé, l’esperienza di intensi sentimenti di rifiuto dalla società di nascita o di adozione e il cercare di competere adottando una nuova immagine di sé o una nuova personalità, che potrebbe essere raggiunta scegliendo una nuova struttura di credenze (religiose o altre) ed essere assimilati al nuovo, inclusivo e spesso protettivo gruppo identità. In questo tipo di ambiente, si può cadere sotto l’influenza di criminali navigati ed emergere come individui più criminali. L’apparente tendenza di alcuni detenuti a convertirsi o ritornare a credenze religiose sottolinea l’importanza di prevenire gli estremisti dal diffondere la loro ideologia attraverso le pratiche religiose o in luoghi di preghiera negli istituti di pena.

La parola “radicalizzazione” non è confinata solo ad un tipo di motivazione ideologica né è un fenomeno recente. La maggior parte delle definizioni in circolazione al giorno d’oggi descrivono la radicalizzazione come il processo (o i processi) per cui individui o gruppi approvano e (sostanzialmente) partecipano all’uso della violenza per obiettivi politici. In due revisioni molto dettagliate della ricerca sulla radicalizzazione pubblicate sul Journal of Strategic Security, Randy Borum ha sintetizzato il fulcro della radicalizzazione come il “processo di sviluppo di ideologie e convinzioni estremiste – fase preliminare al terrorismo”.

Cerchiamo di fissare dei punti importanti. La radicalizzazione nel sistema carcerario:

  1. si dice spesso che gli istituti di penasono diventati terreni fertili per la radicalizzazione. Non dovrebbe essere una sorpresa: sono i luoghi della vulnerabilità, che producono i così detti “cercatori di identità”, “cercatori di protezione” e “ribelli” in grandi numeri rispetto ad altri ambienti. Essi forniscono delle condizioni quasi perfette in cui idee incastrate religiosamente nell’ideologia possono fiorire.
  2. Il sovraffollamento e la mancanza di organico amplificano le condizioni che possono condurre alla radicalizzazione. Case circondariali tenute male possono creare uno spazio ideologico e psicologico in cui i reclutatori di estremisti possono operare liberamente e monopolizzare il discorso sulla religione e sulla politica.
  3. La conversione religiosa non è la stessa cosa della radicalizzazione. Delle buone politiche di contro – radicalizzazione, che siano all’interno o all’esterno del penitenziario – non mancano mai di distinguere tra la legittima espressione di fede e le ideologie estremiste. I servizi del sistema carcerario devono investire nella formazione della polizia penitenziaria, e considerare la condivisione di risorse specializzate, ad esempio dei traduttori.
  4. Nel caso della radicalizzazione islamista militante, gli iman in carcere hanno un importante ruolo, ma non sono la panacea a tutti i mali. La loro indipendenza e credibilità deve essere protetta. Non è né ragionevole, né realistico aspettarsi che siano dei consulenti spirituali, o esperti di terrorismo internazionale tutto allo stesso tempo.

Il jihad violento e il sistema carcerario. Gli jihadisti violenti sono consapevoli che potrebbe aspettarli la prigione se non si materializza il martirio. Di conseguenza non è una sorpresa se carceri e detenuti sono un soggetto frequente nella variegata letteratura islamista. Le istituzioni del jihad scandiscono le ragioni perché gli jihadisti violenti sono incarcerati. Osama bin Laden comparava favorevolmente gli scolari sauditi in carcere con la detenzione di IbnTaymiyaa per le sue idee. Quest’ultimo, uno scrittore vissuto tra il XII e XIV secolo è stato una chiave di influenza storica sull’ideologia contemporanea del jihadismo e fu ripetutamente detenuto dalle autorità al Cairo e a Damasco per le sue idee radicali. Sayid Qutb, il moderno ideologo guida di una vasta gamma di gruppi islamisti e di gruppi jihadisti, compreso lo stato islamico, produsse il suo più influente lavoro mentre era in prigione in Egitto. Durante la sua prigionia ha scritto testi islamisti che sono pietre miliari: “milestone” e“in the shade ofthe Qu’ran” furono contrabbandati all’esterno della sua cella. Abu Muhammad al-Maqdisi (vero nome EssamBarqawi) è stato descritto come il più importante ideologo jihadista ancora in vita. È stato mentore del defunto militante giordano Abu Musab al – Zarqawi (a capo di Al Qaeda in Iraq). Entrambi furono arrestati in Giordania nel 1993 con l’accusa di organizzare una cellula armata segreta rilasciati entrambi a seguito di un’amnistia generale nel 1999. Durante la loro detenzione, entrambi, hanno continuato a fare proseliti e a cercare nuove reclute sia dentro che fuori il carcere; esercitando, inter alia, attività come la distribuzione e la produzione di letteratura ideologica per i detenuti,allontanandoli dalla moschea ufficiale del carcere per concentrarli in “alternative” preghiere del venerdì.  Quando al – Zarqawi diventa il capo del gruppo al –Taweed, al – Maqdisi prende il ruolo di mentore spirituale del gruppo.

Nel tardo 2004, inizio 2005un’operazione militare in Iraq, a guida americana, cattura estremisti di alto livello ed un uomo che si registra a Camp Bucca come Ibrahim Awad Ibrahim al Badri. Ci sono rapporti conflittuali sulla detenzione di quest’uomo. Jeremy Suri professore all’Università del Texas e Andrew Thompson che ha prestato servizio in un centro di detenzione americano in Iraq, argomentano che la struttura di Camp Bucca ha facilitato un’ulteriore radicalizzazione tra i detenuti. Dopo che Ibrahim esce di prigione si unisce ai ranghi dell’Islamic State in Iraq e, quando nell’aprile del 2010 attacchi aerei uccidono il successore di Al – Zarwaqi, spazzando via tutta la leadership di ISI, nel maggio 2010 quell’uomo diventa il leader del gruppo con il nome de guere: Abu Bakr al – Baghdadi. Nel luglio 2012, dopo aver sostanzialmente ricostruito l’organizzazione, annuncia pubblicamente la campagna: “breaking down the wall” in cui promette di liberare le prigioni irachene. Infatti attacca 8 prigioni e libera centinaia di detenuti che susseguentemente si uniscono all’organizzazione.

Capire la sfida dei detenuti estremisti e radicalizzati

Nel caso di jihadisti violenti, come evidenziato, il carcere è stato formativo del pensiero di importanti ideologi del movimento. Tuttavia ci sono esempi limitati della pianificazione, all’interno del carcere, di attacchi, sebbene si supponga che la cellula “martiri del Marocco” che voleva attaccare il tribunale nazionale a Madrid, fu creata nelle prigioni spagnole.La novità dello stato islamico, nel movimento jihadista globale, sta anche nella capacità di erogare denaro ai suoi militanti e nel presentare un modello di vita percepito come maggiormente egalitario rispetto alle società di nascita o di adozione degli individui che scelgono di unirsi ai suoi ranghi. La sfida è anche quella di prevenire che criminali detenuti possano scegliere di unirsi allo stato islamico attratti dal denaro, ed una volta usciti dal carcere diventare veri e propri militanti dell’ISIS.