articolo di Marco Colonna
Italia maglia nera tra i paesi del G7 per l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo ed anche fra i paesi OCSE il nostro paese si assesta ai piani bassi della classifica al 18esimo posto, insieme a Giappone, Stati Uniti e Portogallo, e prima della Spagna.
E l’Italia, con 4milioni di persone che vivono in condizione di povertà assoluta, si colloca anche agli ultimi posti in materia di lotta alla povertà nel confronto fra gli schemi di reddito minimo nei 13 paesi dell’Unione Europea: l’unico paese (insieme alla Grecia ) dell’UE a 15 a non disporre di uno schema di reddito minimo garantito e strutturato.
Secondo l’elaborazione di ActionAid (organizzazione internazionale indipendente impegnata nella lotta alle cause della povertà) su dati Eurostat del 2013 (ultimo anno disponibile) è la Lettonia il paese dove è maggiore il divario del rischio povertà a sfavore delle donne (4,3%), seguito da Lituania (4%), Estonia (3,8%) , Cipro (3,1%) e Italia (al 2,7%). Considerando però che rimane difficile misurare la povertà femminile in quanto la valutazione avviene a livello familiare e non individuale.
Ma anche altre statistiche confermano la tendenza.
L’Istat certifica senza ombra di dubbio che in Italia il rischio di povertà o di esclusione sociale (con una media del 28,3%) è superiore di quasi 4 punti percentuali a quello medio dell’Unione europea (fermo al 24,4% ), ovvero: un nostro connazionale su quattro è a rischio povertà o esclusione sociale.povertà
E il Censis ci ricorda che il 20% delle famiglie italiane non riesce a coprire tutte le spese con il proprio reddito , come dire che: una famiglia su 5 il mensile non basta per arrivare a fine mese.
Che fare?
Sul tappeto c’è il disegno di legge del ministro del Lavoro, Poletti, recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali.
Un testo , collegato alla legge di stabilità 2016 del governo che prevede inoltre l’istituzione del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale e dalla previsione di un Piano nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale avente cadenza triennale.
Fra le altre cose il disegno di legge introduce una misura nazionale di contrasto alla povertà basata sul principio dell’inclusione attiva, che prevede la predisposizione per i beneficiari di un progetto personalizzato di inclusione sociale e lavorativa sostenuto dalla offerta di servizi alla persona.
Il testo, inoltre, razionalizza le prestazioni di natura assistenziale e quelle di natura previdenziale, e riordina la normativa in materia di interventi e servizi sociali, al fine di superare quella che il governo ha identificato come : “la frammentarietà delle misure e degli interventi” ad oggi erogati.
All’atto pratico, fuori dal linguaggio burocratico, il governo propone un’assistenza complessiva alla persona per il suo inserimento nel mondo lavorativo, attingendo da risorse già previste dalla legge di Stabilità che potranno essere rimpinguate con quelle che potranno essere reperite dal ministero del Lavoro e dagli enti locali.
Nel disegno di legge non ‘è traccia della proposta – auspicata dall’Europa già nel lontano 1992 – di adottare anche in Italia il reddito minimo di cittadinanza o di un reddito d’inclusione sociale (Reis) nel sistema di welfare, come accade invece in Gran Bretagna, Germania, Francia, Belgio Lussemburgo, e Norvegia, solo per citare i modelli principali.
Come è noto, il ddl anti povertà, collegato alla legge di Stabilità 2016, viene esaminato nelle commissioni Lavoro pubblico e privato e Affari sociali di Montecitorio e già nel corso dell’iter in esame alla Camera dei Deputati sono esplose polemiche feroci sulla materia assistenziale e previdenziale, sul piatto anche i paventati tagli, smentiti dal premier Renzi e dai ministriPoletti e Padoan, alle pensioni di reversibilità su cui comunque ancora non c’è certezza.
In commissione è ancora in corso la fase delle audizioni, sul tappeto anche la bozza degli emendamenti presentati dall’On. Renata Polverini  (FI) Vice presidente della Commissione Lavoro in prima fila da anni sulle tematiche aperte come: opzione donna, quota96, esodati e riforma sulle pensioni e reversibilità che pone la questione “dell’universalismo selettivo”.
“Il principio dell’universalismo selettivo, teorizzato dalla commissione Onofri già negli anni ’90 e ripreso più recentemente da Onida, Guerra ed altri, è pericoloso in quanto da una parte riconosce il diritto della persona ad avere un determinato servizio, dall’altra lega l’erogazione al reddito della persona e alla disponibilità di risorse. È di tutta evidenza che si rischiano di tagliare in maniera surrettizia numerosi servizi erogati ai cittadini, rendendo assolutamente aleatorio il principio dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale”: si legge nel primo emendamento correttivo al disegno di legge firmato dall’ ex segretario generale dell’Unione Generale del Lavoro Renata Polverini.
Negli altri emendamenti si vogliono confermare interventi assistenziali e previdenziali in modo che le risorse impiegate siano veramente aggiuntive e non semplicemente frutto di una diversa allocazione di economie già disponibili ; si chiede di evitare: un intervento di razionalizzazione (che spesso si traduce in riduzione) sulle pensioni ai superstiti (la pensione di reversibilità riconosciuta al pensionato e la pensione indiretta riconosciuta al lavoratore) e interventi sulle integrazioni al minimo dei residenti all’estero; si specifica che il progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa deve essere coerente con il percorso formativo, scolastico e professionale del beneficiario; definisce meglio l’ impegno chiesto a Comuni ed ambiti territoriali senza alcuna risorsa umana ed economica ulteriore nella presa in carico delle persone in condizione di fragilità; si chiede di non tagliare in maniera surrettizia numerosi servizi erogati ai cittadini, rendendo assolutamente aleatorio il principio dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale.
Inoltre, negli emendamenti Polverini si chiede di istituire le Commissioni consultive permanenti in rappresentanza delle organizzazioni sindacali , delle associazioni datoriali e degli organismi del terzo settore che si occupano di povertà; si chiede nella definizione dei decreti delegati di prevedere il coinvolgimento dei sindacati e delle associazioni datoriali nella concessione del parere sui decreti legislativi da parte delle competenti commissioni parlamentari e infine si raccomanda di utilizzare le eventuali risorse di cui al periodo precedente non impiegate nel 2016 anche nel 2017.