di Marco Colonna
L’ultima categoria che è scesa in piazza contro il governo Renzi? Gli operatori balneari che alcuni giorni fa , in piazza S. S. Apostoli a Roma, hanno organizzato un presidio di protesta animato – con striscioni, bandiere e cartelli – da 2.000 persone giunte da tutta Italia in rappresentanza di 30.000 imprese balneari mobilitate da Sib/Fipe – Confcommercio, Fiba/Confesercenti, AssoBalneari Italia/Confindustria e Oasi-Confartigianato contro la direttiva Bolkestein e scongiurare le aste per l’assegnazione dei lidi come chiesto più volte dall’Europa.
E’ l’ennesima plateale manifestazione della categoria dopo gli scioperi degli ombrelloni della scorsa estate in alcune località balneari italiane.
Anche questa volta s’è distinta l’assenza di Federbalneari (che invece ha da sempre camminato per conto proprio) e Cna Balneatori, a sottolineare il consolidamento della rottura dell’unitarietà sindacale ed i percorsi autonomi di rivendicazione settoriale intrapresi dalla categoria.
Ma anche il governo Renzi – che continua a prendere tempo – si mostra contraddittorio, diviso al suo interno su questa problematica e comunque non allineato alle richieste delle associazioni balneari.
Un esempio? Il sottosegretario all’economia Pier Paolo Baretta ha giudicato le evidenze pubbliche “inevitabili”, mentre il sottosegretario agli affari europei Sandro Gozi ha fatto intendere che il periodo transitorio di 30 anni chiesto dai sindacati balneari sarà di difficile attuazione.
E in questa fase di confusione politica la Corte di Giustizia UE ha già annunciato che le concessioni balneari demaniali in Italia non saranno prorogate al 2020 in quanto non compatibili con il diritto europeo.
L’unica certezza che si delinea? L’annuncio del presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, che a breve verrà avviato un tavolo tecnico Stato-Regioni con le amministrazioni pubbliche competenti e le associazioni di categoria per assicurare la stesura della nuova legge di riordino delle concessioni turistico-ricreative e demaniali.
Gli interventi in piazza degli esponenti delle imprese balneari e dei rappresentanti regionali convergono sulla necessità che sia varata una legge che salvaguardi comunque le imprese esistenti e permetta di far ripartire gli investimenti e aumentare l’occupazione.
Sul piatto della trattativa c’è l ‘idea, in larga parte condivisa da tutti gli “attori” in campo, di tentare la via del doppio binario proponendo, da una parte, di creare bandi sulle nuove concessioni demaniali marittime che prevedano però delle proroghe e definendo dall’altra, un lasso di tempo congruo agli esercenti balneari per consentire loro di continuare a esercitare l’ attività turistica scongiurando il danno che deriverebbe in caso di un mancato riconoscimento di un periodo transitorio che vada anche oltre il 2020.
Il punto politico ed economico controverso è uno soltanto: applicando alla lettera la direttiva Europea che liberalizza di fatto le assegnazioni dei lidi anche a soggetti che dispongono di ampi capitali, dunque gruppi esteri ed anche multinazionali, aprendo la strada all’ennesima ‘colonizzazione’ commerciale , verrebbe spazzato via il “modello italiano” che ha contraddistinto a tutt’oggi il nostro turismo di massa: la gestione delle spiagge alle imprese familiari che hanno ridistribuito la ricchezza nel territorio locale.