Esplode la polemica sulla revisione delle pensioni di reversibilità, prevista dal ddl di contrasto alla povertà. E’ Ornella Petillo, segretario confederale dell’Ugl a commentare questa notizia che, se concretizzata, sarà ‘l’ennesimo colpo inferto alla già vulnerabile economia delle famiglie italiane’ .
Il Governo punterebbe a tagliare la pensione di reversibilità con l’obiettivo di finanziare il “piano povertà” generando solo, però, nuovi poveri. Avevamo già espresso tutti i nostri dubbi a riguardo: quel ddl non ci ha mai convinto pienamente”.
La sindacalista fa riferimento al disegno di legge che riordina le prestazioni di natura assistenziale e previdenziale come strumento unico, nell’intenzione del governo, di contrasto alla povertà con misure legate al reddito e al patrimonio. Nel ddl, tra le altre misure si prevede la possibilità di rivedere le pensioni di reversibilità ovvero quelle erogate agli eredi alla morte del pensionato o del lavoratore che muore avendo maturato i requisiti per l’assegno, agganciandole all’Isee, per il quale conta il reddito familiare e non quello individuale. Di conseguenza il numero di coloro che vi avranno accesso inevitabilmente si ridurrà.
Le pensioni di reversibilità (leggi approfondimento su http://www.corriere.it/editoriali/16_febbraio_15/pensioni-reversibilita-attenzione-creare-nuovi-poveri-7961189e-d3c7-11e5-ad4b-f58d2f08a6c7.shtml) sono un argomento molto delicato. Rappresentano un pezzo fondamentale dello Stato sociale per circa 3 milioni di anziani, in genere vedove, che percepiscono per tutta la loro restante vita il 60% di quella che era la pensione del marito. Per questa voce si spendono circa 24 miliardi di euro l’anno (che fanno 615 euro in media a testa per tredici mensilità). Spesso l’assegno di reversibilità costituisce l’unica forma di reddito, o comunque la principale, che si somma alla casa di abitazione lasciata in eredità dal coniuge. Dal 1995 la pensione di reversibilità è soggetta a restrizioni, nel senso che viene tagliata (si prende non più il 60% ma il 45%) per chi ha redditi superiori a tre volte quelli della pensione minima (cioè per chi ha più di 1.505 euro lordi al mese) fino a ridursi ad appena il 30% per chi ha redditi oltre 5 volte il minimo (2.509 euro lordi al mese).
Petillo conclude affermando che “purtroppo manca un reale confronto con il Governo su questo tema e non si può più temporeggiare”
Tempestivo anche il commento di Giuliano Poletti, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociale, che tenta di tranquillizzare tutti precisando che:“la proposta di legge delega del Governo – rimarca in una nota – lascia esplicitamente intatti tutti i trattamenti in essere. Per il futuro non è allo studio nessun intervento sulle pensioni di reversibilità; tutto quello che la delega si propone è il superamento di sovrapposizioni e situazioni anomale. Ribadisco – conclude il ministro – che il Governo vuole dare e non togliere: per questo, per contrastare la povertà, nella legge di stabilità è previsto lo stanziamento di 600 milioni per il 2016 e di 1 miliardo strutturale a partire dal 2017″.