“L’Italia rischia un pesante arretramento per effetto delle decisioni che Eni sarebbe in procinto di prendere su Versalis: una sua cessione, a maggior ragione se a soggetti non qualificati, avrebbe un effetto deleterio su tutto il sistema della chimica italiana, con conseguenze gravi sotto il profilo occupazionale, sociale, economico”.
Queste le parole del segretario nazionale dell’Ugl Chimici, Luigi Ulgiati, che nel corso dell’audizione dei sindacati presso la Commissione Industria, Commercio, Turismo del Senato, alla quale ha partecipato anche il segretario confederale dell’Ugl, Fiovo Bitti, conferma lo sciopero indetto a livello nazionale per domani, 20 gennaio. “E’ fondamentale – ha evidenziato – che Eni e Versalis mantengano la propria presenza nel settore chimico, investendo e producendo in Italia. Di ciò deve farsi garante il Governo, azionista di controllo di Eni, che non può trincerarsi dietro l’autonomia di un management che è l’Esecutivo stesso ad indicare”.
Nel testo presentato alla Commissione l’Ugl sottolinea che “ripercorrendo gli anni che vanno dal Secondo dopoguerra, si evidenzia il rapporto stretto che l’Eni ha avuto ed ha con la chimica italiana. Dopo il forte impulso iniziale, le crisi energetiche degli anni ’70 e il lento deterioramento economico e politico della seconda metà degli anni ’80 e i primi anni ’90 hanno favorito alcune scelte (la nascita di Enimont nel 1988 dalla fusione di Enichem e Montedison, poi Enichem dal 1991) più subite che volute, con il risultato che la chimica è stata marginalizzata rispetto al settore energetico.
In assenza di una visione d’assieme, gli anni seguenti si caratterizzarono più per le chiusure e le dismissioni che per una vera politica di rilancio e sostegno del settore chimico. Nel 2001, il management dell’Eni decise di scindere Enichem in due distinte società, Sindyal, destinata ad accogliere le attività di bonifica e i siti da dismettere, e Polimeri Europa, con la parte potenzialmente più appetibile e produttiva. Un decennio dopo è la volta di Versalis che nasce dalle ceneri di Polimeri Europa con obiettivi ambiziosi, messi su carta in un piano industriale del 2012, ancora in larga parte da attuare”.
“Ogni ipotesi di dismissione da parte di Eni – si legge ancora nel documento -, che pure nei decenni, come visto, ha preso decisioni non sempre coerenti con l’obiettivo di rafforzare la chimica italiana, avrebbe l’effetto di amplificare le criticità di sistema che espongono il settore alla concorrenza aggressiva e, sovente, sleale dei Paesi asiatici”.
L’uscita di Eni, soprattutto se a favore di soggetti finanziari privi di adeguato know how, metterebbe fortemente in crisi un comparto produttivo con un valore della produzione “di 52 miliardi di euro (terzo Paese europeo dopo Germania e Francia; decimo al mondo), con quasi 110mila addetti diretti, con una quota di laureati del 19%, più altri 350mila collegati ed indiretti”.
Per il sindacato “Versalis, da sola, pesa in termini di produzione quanto e più delle altre nove società che occupano le prime dieci posizioni nella classifica Paese; è seconda, sempre fra le prime dieci, nel rapporto fra produzione in Italia e vendite nel mondo; è prima nel rapporto fra personale in Italia e nel resto del mondo. Ha nel suo portafogli 250 brevetti industriali e cinque centri di ricerca”.
In particolare, spiega ancora l’Ugl, “il Consiglio dei ministri del 15 aprile 2014 ha definito la lista del nuovo consiglio di amministrazione e del collegio sindacale di Eni con sei componenti (poi scesi a cinque) su nove del primo e tre componenti su due del collegio sindacale. L’assemblea degli azionisti dell’8 maggio ha formalizzato decisioni prese altrove. Una fuga dalla chimica non sarebbe accettabile; un passo indietro rispetto a quanto emerso finora è auspicabile, ma soprattutto doveroso in assenza di solide garanzie sul futuro della chimica in Italia”.
eniI motivi dello sciopero del 20 gennaio sono chiari e semplici:

  • mantenere la vocazione industriale di Versalis, a sostegno del rilancio delle economie territoriali all’insegna dell’innovazione e della competitività, bilanciando attività tradizionali e quelle più proprie della green economy;
  • garantire i livelli occupazionali;
  • tutelare il patrimonio intellettuale;

In un tale scenario, sottolinea il sindacato “il Governo sia consequenziale con gli impegni presi nella Legge di stabilità e si adoperi inoltre per favorire l’incontro fra le aziende del settore e le università, in considerazione del fatto che circa il 16% delle domande che annualmente sono presentate all’Ufficio italiano brevetti e marchi riguarda proprio il settore chimico. In un’ottica di sistema Paese, in definitiva, è fondamentale che restino in Italia l’ideazione, la progettazione e la realizzazione di prodotti chimici sempre più innovativi e concorrenziali”.