di Stefano Cetica

“In questo quadro, la contrattazione, a tutti i livelli, deve assumere come prioritari gli obiettivi della difesa e della crescita dell’occupazione, in particolare femminile, del miglioramento delle condizioni di sicurezza sul lavoro,di incremento del valore aggiunto dei prodotti, dei servizi e del lavoro, di difesa e rafforzamento dei livelli salariali, di miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, attraverso l’estensione della conciliazione dei tempi”.
Jaques II de Chabannes de La Palice non sarebbe stato più bravo nel definire quello che dovrebbe essere il ruolo naturale di un sindacato dei lavoratori di fronte ad un rinnovo contrattuale.
Tuttavia CGIL, CISL e UIL hanno voluto ribadire, nel ponderoso documento partorito qualche giorno fa sul “Moderno sistema di relazioni industriali”, quello che agli occhi di tutti risultava pacificamente acquisito.
Per sottolineare il repentino cambio di marcia rispetto al passato, i tre sindacati hanno aggiunto anche il minaccioso intento di “andare oltre un’impostazione meramente difensiva” della contrattazione ma chi cercasse sostanziali novità in una proposta che non sembra destinata a ribaltare il tavolo delle relazioni industriali nel nostro Paese, rischierebbe di rimanere fortemente deluso.
La conciliazione dei tempi di vita dovrebbe essere ricercata nella contrattazione aziendale dove, notoriamente, la posizione dei lavoratori é più debole; la flessibilità dei rapporti di lavoro dovrebbe essere finalizzata alla produttività e non all’acquisizione di nuovi diritti; i controlli a distanza non devono essere utilizzati per fini disciplinari, mente da Strasburgo – proprio in queste ore -, arrivano sentenze che consentono alle aziende di avvalersi del semplice “uso personale” delle email interne come giusta causa per il licenziamento; la “Partecipazione” continua ad essere declinata nella versione meno “preoccupante” per le imprese e, cioè, nella gestione “dell’informazione” e nel proliferare della “bilateralità”; gli incrementi salariali dovrebbero essere affidati a non meglio specificate “dinamiche macroeconomiche” che, come si sa, sono da sempre oggetto del gioco delle tre carte tra Governo e Confindustria.
Insomma, stiamo parlando di quello che Shakespeare, giusto quattro secoli fa, definiva “Much ado about nothing”!
Quello che più stupisce, però, oltre al (poco) contenuto, è lo scarso tempismo della “proposta”: che senso ha, infatti, introdurre nuovi schemi di relazioni industriali avendo di fronte una controparte datoriale come Confindustria che ha i vertici in fase di smobilitazione?
Al massimo, vista anche la recente intervista di Dolcetta ed il suo endorsement per un Presidente di estrazione “metalmeccanica”, può servire a radicalizzare, come puntualmente è avvenuto, le posizioni di Federmeccanica e del suo Presidente Storchi che, infatti, non ha tardato a ribadire la sua volontà di portare le imprese allo scontro sulla piattaforma della categoria.
Se l’intento era infine quello di guardare anche a cosa accade a Palazzo Chigi sul versante del “salario legale” o della “rappresentanza”, lo “strabismo” di CGIL, CISL e UIL non sembra aver sortito gli effetti sperati; anzi, proprio la scontata reazione degli industriali rischia di offrire un clamoroso assist a Renzi per procedere, inaudita altera parte, all’ennesima “riforma” sulla pelle dei lavoratori italiani.Manifestazione-Madrid-Settembre-2012
Insomma un capolavoro che rischia di compromettere ulteriormente importanti vertenze in corso come quella degli Alimentaristi oltre, ovviamente, quella dei Meccanici, e di offrire alla controparte l’occasione per dilatare ulteriormente i tempi di una trattativa che le Confederazioni avrebbero il dovere di sostenere con ben altro vigore.