#JesuisCharlie, così, attraverso questa parola chiave, il 7 gennaio 2015, esplose la solidarietà nelle piazze reali e virtuali di tutto il mondo. Sette gennaio, giusto un anno fa, quando i fratelli Said e Chérif Kouachi irruppero nella redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo e la decimarono: 12 morti, tra i quali il direttore Charb e i disegnatori Wolinski, Cabu, Tignous, Honoré. Un 2015  segnato dalle stragi, da numerosi attentati, non solo in Francia. Un anno in cui l’Occidente si è nutrito di paure, prima fra tutte, quella di non saper più riconoscere la pace in questo marasma di sentimenti e, sopratutto di azioni negative.

Proprio domani sarà in edicola un numero speciale del settimanale francese. La copertina è un grido atroce, urlato a tutti noi affinché non dimenticassimo ciò che è stato e che continua ad essere: “L’assassin court toujours”, l’assassino corre sempre. Questo il titolo, ma la vignetta è ancora più cupa nella sua descrizione (fonte il Fatto Quotidiano) un Dio monoteista armato di kalashnikov, la veste candida macchiata di sangue, corre a gambe levate, la mano destra serrata nel pugno, lanciandoci uno sguardo allucinato e gonfio di rabbia. Lo sfondo è nero, come la forza oscura del Male.

LA COMMEMORAZIONE

Stamattina alle 10 il presidente francese, François Hollande, ha partecipato ad una cerimonia per svelare una targa in ricordo delle vittime della strage alla redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo. Sulla targa sono scritti i nomi delle 11 persone assassinate alla sede del giornale, che era in Rue Nicolas Appert, nell’11esimo arrondissement della capitale. Uno dei nomi, quello di Georges Wolinski, era scritto sbagliato, con la y finale, e dunque la targa è stata rimandata alla ditta che l’aveva incisa per la correzione.
Assieme ad Hollande, erano presenti il sindaco di Parigi, Anna Hildalgo, e il premier Manuel Valls. Dopo aver svelato la targa commemorativa, il corteo si è spostato di cento metri, dove gli attentatori di Charlie Hebdo assassinarono il poliziotto Ahmed Merabel, sul boulevard Richard Lenoir.
Qui, vicino alla scritta ‘Je suis Ahmed’, disegnata con i colori della bandiera francese, c’erano i famigliari di Merabet, un militare che ha attirato l’attenzione dei media perché di fede musulmana, come gli attentatori (Fonte Ansa)

IL GIORNO DELLA STRAGE

Si è trattato dell’attentato terroristico col maggior numero di vittime in Francia (dodici morti e undici feriti) dopo l’attentato multiplo del 13 novembre 2015 al teatro Bataclan, allo Stade de France e a tre ristoranti parigini, in cui persero la vita 130 persone e quello del 1961 per opera dell’Organisation armée secrète durante la guerra d’Algeria, che causò 28 morti.
Dopo il primo attentato, il 9 gennaio un complice degli attentatori si è barricato in uno dei supermercati della catena kosher Hypercacher a Porte de Vincennes, prendendo alcuni ostaggi e uccidendo quattro persone. Durante gli eventi seguenti all’attentato sono morte in totale otto persone: i due responsabili, il complice di Porte de Vincennes, quattro ostaggi di quest’ultimo e una poliziotta, portando così il totale a venti morti. L’attentato è stato rivendicato da Al-Qāʿida nella Penisola Arabica (o Ansar al-Sharia), branca yemenita dell’organizzazione stessa.

LE POLEMICHE AD UN ANNO DALL’ATTENTATO AL GIORNALE SATIRICO

Quanto accaduto il 7 gennaio del 2015 poteva essere evitato? Per alcuni familiari delle vittime sì. Ingrid Brinsolaro è la vedova di Franck Brinsolaro. Franck era il poliziotto che proteggeva Stéphane Charbonnier, alias Charb, direttore di Charlie Hebdo. Franck e Charb sono due delle dodici vittime di quell’attentato. Ingrid, che è giornalista, alla guida dell’Eveil Normand, ritiene che il dispositivo di sicurezza di Charb, praticamente sulle spalle del solo Franck, fosse troppo leggero, viste le recenti minacce di al-Qaida, che aveva inserito il disegnatore nella lista dei suoi nemici più acerrimi (vedi approfondimento su: http://www.ilsecoloxix.it/p/mondo/2016/01/05/ASoshl3-charlie_sicurezza_strage.shtml)