di Barbara Faccenda

 

La radice dei crescenti livelli di violenza settaria nella regione risiedenell’antica divisione tra l’Islam sunnita e quello sciita, di cui una delle manifestazioni, oggi, si trova nella rivalità tra l’Iran e l’Arabia Saudita.
I due rami dell’Islam si sono divisi, subito dopo la morte di Maometto, sulla questione di chi sarebbe dovuto succedere al profeta dell’Islam come capo dei musulmani. I sunniti credono che il leader debba essere ogni membro maschio della tribù Quraysh (tribù di Maometto), scelto dalle autorità della comunità musulmana.
Gli sciiti sono convinti che il leader debba essere un diretto discendente maschio di Maometto. Shi’at ‘Ali vuol dire “seguaci di Ali”, genero e cugino di Maometto. Ali fu scelto per essere il quarto Califfo (leader selezionato per governare nella tradizione che Maometto aveva stabilito), ma fu assassinato ed i califfi che si susseguirono non furono mai discendenti diretti di Maometto e non ebbero mai il supporto dell’intera comunità islamica.
Nelle generazioni questa separazione ha dato vita a differenze dottrinali e, nel tempo, ha aperto un conflitto settario che in molte occasioni è diventato una vera e propria guerra. Anche l’approccio all’autorità differisce per i due rami dell’Islam. Per gli sciiti, una grande enfasi è postanell’autorità formale religiosa ed istituzionalizzata. I religiosi sciiti sonoistruiti, studiano per anni per diventare esperti in materie quali legge, teologia o filosofia. Per i sunniti, dall’altra parte, l’autorità religiosa è meno centralizzata e gerarchica e c’è una mancanza di titoli formali che distinguono il grado di un discepolo rispetto ad un altro. Mentre molti religiosi sunniti sono molto istruiti in legge, teologia e filosofia, questo tipo di formazione non è un prerequisito necessario per guidare la comunità religiosa. All’interno dell’Islam sunnita è possibile per individui con poca preparazione religiosa diventare dei leader religiosi prominenti ed influenti.
Oggi queste tensioni settarie si sono mescolate profondamentealle politiche locali e regionali. L’antica animosità tra l’islam sciita e quello sunnita si è intensificata nella rivoluzione iraniana del 1979, che dichiarò che un uomo nominato da Allah dovesse governare non solo lo stato islamico dell’Iran, ma tutto l’Islam sciita. L’Iran inizia quindi a diffondere la sua forma di Islam sciita e simultaneamente arma, addestra ed equipaggia i gruppi terroristici sciiti come Hezbollah in Libano. Inoltre, l’Iran cominciaa fornire supporto al 10% della minoranza saudita di sciiti.
Dunque la violenza settaria si è intensificata, nel corso degli anni, proprio lungo le linee di rivalità dell’Iran e dell’Arabia Saudita. Nel 1980 l’Arabia Saudita appoggia l’invasione dell’Iraq in Iran in una di quelle che fu ricordata come la più sanguinosa guerra del 20° secolo. Inoltre, l’Arabia Saudita sponsorizza le organizzazioni militanti estremiste sunnite in Pakistan e Afghanistan non solo per combattere l’Unione Sovietica, ma anche per contrastare la crescita dei movimenti religiosi sciiti che l’Iran supporta.
Dopo l’invasione Americana dell’Iraq nel 2003, l’Iran ha iniziato ad armare, addestrare ed equipaggiare i gruppi sciiti estremisti sia per appoggiare il nuovo governo a guida sciita dell’Iraq, sia per avere come obiettivo gli Stati Uniti e le forze di coalizione impiegate nel paese. Per contrapporsi a ciò, l’Arabia Saudita ed altri stati sunniti nella regione, almeno tacitamente, hanno iniziato a sostenere i gruppi estremisti sunniti in Iraq, compreso Al Qaeda in Iraq (AQI).A questo mix letale si aggiunge l’ineffettività del governo iracheno e la guerra civile in Siria che hanno, se possibile, aggravato le tensioni religiose ed etniche nella regione.
In questo quadro s’inserisce una pressante problematica che l’Arabia Saudita deve affrontare: il declino economico. La prima fonte di guadagno per l’Arabia Saudita è l’esportazione di petrolio. Negli gli ultimi anni, la monarchia ha estratto il petrolio a livelli record per sostenere la produzione, mantenendo i prezzi bassi, minando la competizione di produttori di petrolio nel mondo che non possono permettersi di stare in affari con margini di profitto bassi, e aprendo la strada alla dominanza petrolifera saudita.Tuttavia, la capacità dell’Arabia Saudita di estrarrein maniera forsennata non può durare per sempre. Un nuovo studio comparso nel Journal of Petroleum Science and Engineering, anticipa che l’Arabia Saudita sperimenterà un picco nella produzione di petrolio, seguito da un inesorabile declino nel 2028. Il punto di flesso da tenere sotto controllo è quando un produttore di petrolio non può più aumentare la quantità di petrolio venduta a causa del bisogno di soddisfare la domanda energetica interna. Dal 2005 al 2015, le esportazioni nette della monarchia saudita hanno visto un tasso di declino annuale del 1.4 %.Le considerevoli riserve saudite si stanno esaurendo a livelli senza precedenti, diminuendo di circa 12 miliardi di dollari al mese. Di questo passo, per il tardo 2018, le riserve del regno potrebbero esaurirsi e questa eventualità potrebbe dare il via alla fuga di capitali.
Il governo saudita ha deciso che non imparerà la lezione dai suoi vicini: Iraq, Siria e Yemen, non aspetterà che la guerra venga a casa, ma sarà pronta ad esportarla nella regione nella folle gara di estendere la sua egemonia politica e prolungare la sua dominanza petrolifera.Il re Salman ha spostato il regno ancora più vicino alla classe dirigente wahhabita. Ricordiamo che fu proprio un ideologo e religioso, chiamato Muhammad IbnAbd al- Wahhab, che unito alle forze saudite, diede vita al primo regno saudita. Wahhab e i suoi discendenti fornirono ideologia, legittimazione e leadership religiosa al casato Saud; il wahhabismo èuna versione settaria e puritana dell’Islam sunnita che chiama ad un ritorno al fondamentalismo letterale e all’intolleranza per ogni forma di deviazione dalla loro linea conservatrice di quello che costituiva l’originale fede del profeta Maometto. I musulmani impegnati in pratiche che potevano essere considerate idolatre (politeismo, venerazione delle tombe dei santi, misticismo ed in generale l’essere sciita) non potevano essere in alcun modo considerati veri musulmani.
Ed è proprio al re Salman che Renzi, fa visita ufficialmente nel novembre 2015.I due leader discutono le relazioni bilaterali tra i due paesi e le vie per rafforzare i legami. Renzi sottolinea che per l’Italia lerelazioni con la monarchia saudita non solo sono significative, ma le definisce addirittura strategiche.Tanto per dimostrare che l’Italia è ben contenta di far affari con l’Arabia Saudita, Renzi visita i lavori di un’impresa italiana in Arabia Saudita. È la Salini Impringilo che si occupa di costruire un’altra linea della metropolitana a Riyadh, lavori che sono iniziati nell’ottobre 2013. Il progetto ha un valore di 3,720 milioni di euro. La Salini Impringilo non è l’unica impresa italiana che fa affari proprio con la monarchia wahhabita. A titolo di esempio citiamo, laSelex ES che opera in Arabia Saudita, fornendo alla monarchia tecnologie avanzatenei settori aereo, terrestre e spaziale, e più recentemente nell’ambito dellacyber security e della sicurezza delle informazioni, dei sistemi automatizzati, dei sistemi di gestione del traffico aereo e delle navi, dei sistemi ICT, della sicurezza del territorio e della protezione delle infrastrutture critiche.
Chissà se Renzi conosce l’ideologia dell’ISIS, perché questa si basa anche sul wahhabismo (oltre che sul salafismo). Circostanza che non ci pare sia da sottovalutare.