di Claudia Tarantino

Con la pubblicazione del report dell’Istat relativo al periodo 2012-2016, si torna a fare i conti con la spesa sanitaria italiana.

Aumenti sono stati registrati sia nella componente pubblica, che rappresenta il 75% della spesa totale, con 149.500 milioni di euro spesi nel 2016 (+ 1% rispetto al 2015), sia in quella privata, che si attesta al 22,7% della spesa totale, pari a 37.318 milioni complessivi, e che è passata dai 2.395 euro pro-capite del 2012 ai 2.466 euro del 2016.

Insomma, da qualsiasi prospettiva vengano visti, questi dati non nascondono certo la ‘stangata’ della spesa sanitaria nel nostro Paese, sostenuta sia dalla pubblica amministrazione, per una cifra pari al 6,7% del Pil, sia dalle famiglie, che raggiungono il 2,0 % del Prodotto Interno Lordo. Senza dimenticare poi che sono proprio le famiglie a sostenere direttamente il 90,9% della spesa sanitaria privata.

Dovrebbe consolarci, però, il fatto che in Italia la spesa sanitaria è più bassa di altri Paesi, come Gran Bretagna, Francia e Germania, dove gli abitanti spendono tra i 3 e i 4 mila euro pro-capite, contro i 2.404 euro ‘sborsati’ dagli italiani. Fatto sta che è più che evidente anche la differenza di qualità dei servizi offerti negli altri Stati rispetto al nostro.

Il “Sistema dei conti della Sanità italiana” realizzato dall’Istat analizza anche la suddivisione per voci di spesa del servizio pubblico. La spesa per l’assistenza sanitaria, per la cura e per la riabilitazione, nel 2016, risulta essere pari a 82.032 milioni di euro, con un’incidenza del 54,9% sul totale della spesa e del 4,9% del Pil. La seconda componente è quella per prodotti farmaceutici e altri apparecchi terapeutici, con 31.106 milioni di euro e una quota pari al 20,8% del totale.

Infine, mentre la pubblica amministrazione ripartisce la spesa soprattutto tra beni e servizi erogati dagli ospedali (57,3%) e dagli ambulatori (17,7%), la spesa diretta delle famiglie per la maggior parte è destinata a beni e servizi forniti da farmacie e altri fornitori di presidi medici (38,9%) e agli ambulatori (35,4%).