di Annarita D’Agostino

La presidenza del Consiglio dei ministri varerà un decreto “per nuove regole del bilancio, in particolare per i ministeri per poter programmare meglio le spese”. Ad annunciare la nuova spending review è il premier Paolo Gentiloni, nel suo intervento alla relazione annuale sulla revisione della spesa: “il nostro orizzonte, il nostro traguardo non è quello dei tagli e basta, ma è quello dell’efficienza. Noi siamo alla ricerca delle sacche di inefficienza che determinino sprechi ma siamo anche impegnati nel miglioramento dei processi” afferma, ribadendo che da parte del governo “non c’è religione dei tagli ma aspirazione all’efficienza”. E dopo il bastone, la carota: “Io voglio ringraziare per il lavoro fatto e anche i nostri dipendenti della Pa, che nelle condizioni di una riduzione di risorse hanno continuato ad assicurare la qualità e l’efficienza, nell’insieme, alla nostra amministrazione”. Alla vigilia di un rinnovo contrattuale che rischia di essere ben lontano dal garantire un reale recupero del potere d’acquisto ai lavoratori dello Stato, l’affermazione del premier suona come una sottile ‘ammissione di colpa’.
I dati snocciolati dal commissario alla spending review, Yoram Gutgeld, confermano che la revisione della spesa pubblica è stata consistente, collocando l’Italia al primo posto fra i paesi Ocse per contenimento della spesa, fatta eccezione della Grecia: i capitoli di spesa eliminati e/o ridotti nel periodo 2014-2017 ammontano a 29,9 miliardi all’anno; la PA ha contribuito per il 24% della spesa complessiva al netto del costo del personale, mentre i comparti locali hanno contribuito per il 17%; dalla spending sono arrivati i due terzi delle risorse per il risanamento dei conti, la riduzione della pressione fiscale e il finanziamento dei servizi pubblici essenziali. Ampliato anche il ruolo di Consip come centrale d’acquisto nazionale della Pubblica Amministrazione: secondo i dati letti da Gutgeld, ciò ha comportato risparmi per 17,3 miliardi nel 2016, il 28% in più rispetto al 2014.
Per quanto riguarda gli enti locali, gli incentivi alle fusioni dei piccolo Comuni introdotti nel 2014 hanno finora indotto 120 Comuni a fondersi. La riforma delle Province ha invece prodotto un risparmio annuo strutturale di circa 843 milioni di euro.
Per il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, i risultati della spending review sono “numeri considerevoli, sono numeri che in termini di aggregati di finanza pubblica sono importanti: creano, hanno creato e continueranno a creare spazio fiscale importante”. “Mi auguro, dopo la presentazione della relazione sulla spending review, di leggere un po’ meno sulla stampa che in Italia la spending o non si è fatta o si è fatta male. Qualcuno – conclude – continuerà a dirlo, ma qualcuno ci penserà due volte”. Ma non è tutto oro quello che luccica: sulla spending ha pesato l’effetto del blocco del turn over che, nel triennio 2013-2016, ha prodotto una diminuzione del personale pubblico, al netto della scuola, del 3,8% (pari a 84 mila dipendenti in meno) con punte del 7% nei soli ministeri. Tutto ciò è avvenuto a spese dell’efficienza e del ricambio generazionale, collocandoci fra i paesi con la Pubblica Amministrazione più ‘anziana’.