di Claudia Tarantino

 

L’adozione è l’altra via alla maternità. Ma non è certo una scorciatoia, soprattutto se si considera che bisogna fare i conti con costi spesso proibitivi, difficoltà burocratiche e, nel caso di quelle internazionali, anche possibili contrasti con i paesi affidatari.

Diventare genitori adottivi non è solo un percorso complicato, ma anche impegnativo dal punto di vista economico, aspetto non secondario soprattutto nell’ultimo decennio, caratterizzato da una crisi senza precedenti.

Ecco che si spiega, quindi, come mai dall’ultimo report della Commissione per le adozioni internazionali (Cai) sia emerso un drastico calo delle adozioni nel mondo (-73,5%).

“Si è passati dai 45.383 minori adottati nel 2004 ai 12.001 del 2015”. In particolare, per gli Usa il calo è stato del 75,3%, per la Spagna dell’85,6%, per la Francia dell’80%, per il Canada del 53,6%, per la Svezia del 68,9%, del 65,2% per la Svizzera (dati del Segretariato dell’Aja del febbraio scorso)”.

Anche l’Italia ha seguito il trend negativo internazionale, “seppure con un calo proporzionalmente inferiore, registrando nel decennio una diminuzione del 34,9%.

Secondo la Cai questo minor numero di adozioni è “conseguenza soprattutto delle trasformazioni interne nei paesi di origine, influenzate da fattori politici, economici e sociali. In queste trasformazioni rientrano, fortunatamente, anche l’adesione e ratifica della Convenzione dell’Aja del 1998, le modifiche legislative dei paesi di origine che rendono più sicure e trasparenti le adozioni, il miglioramento delle politiche interne a favore dell’infanzia”. Per i paesi di accoglienza, invece, la minore propensione alle adozioni internazionali “dipende da vari fattori, cui non è certamente estraneo il contesto economico”.

A ciò si aggiungono le difficoltà burocratiche e tempi di attesa molto lunghi. Sempre secondo il rapporto Cai, “mediamente una coppia impiega 43 mesi per arrivare all’adozione di un bambino straniero, a partire dalla dichiarazione di disponibilità al Tribunale fino all’autorizzazione all’ingresso in Italia”.

Nonostante questo, però, l’Italia si conferma il secondo paese al mondo, dopo gli Usa, per numero di bambini adottati. Inoltre, rispetto ai primi dieci paesi di accoglienza, l’Italia nel 2015 risulta il primo Paese con il più alto tasso di adozioni sulla popolazione residente; infatti, nel 2015 sono stati adottati dall’estero 2.216 bambini, pari ad un indice di adozioni per milioni di abitanti del 37,1.

Un dato molto significativo se confrontato con Paesi in cui la crisi economica ha avuto incidenza minore, come la Svezia, dove l’indice è del 34,1, il Canada del 24,9, la Svizzera del 23,7, l’Olanda del 18, gli Usa del 17,6, la Spagna del 17,3, la Danimarca del 17,1, la Francia del 12,5, la Germania del 2,5.

Nel nostro Paese “sono stati adottati nel 2014 2.206 bambini, nel 2015 2.216. Considerando il biennio, il maggior numero di bambini è originario della Federazione russa (1.060), della Polonia (365), della Cina (360), della Colombia (293), del Vietnam (225)”.

Dall’entrata in vigore della nuova legge sulle adozioni (novembre 2000), “sono stati 46.470 i bambini giunti dall’estero. Questi sono stati accolti da 37.482 coppie italiane. A livello regionale, la Lombardia conferma il primato di bambini adottati (762 nel biennio), segue la Toscana (469), il Lazio (397), la Campania (393), il Veneto (378). L’età media dei bambini al loro arrivo in Italia è di 5,9 anni”.