di Annarita D’Agostino

Niente più passaporto UE per le banche del Regno Unito se il governo May opterà per una hard Brexit: la Banca centrale europea lancia un monito preciso a Londra in vista dell’apertura del negoziato ufficiale per l’uscita dall’Unione europea. Decidere la strada da seguire “non dipende da noi, è una questione politica” afferma la vice presidente del board di supervisione della Bce, Sabine Lautenschlaeger, ma avverte che “non prenderemo parte a una corsa al ribasso” e per continuare ad operare nell’Eurozona “la Bce darà licenze soltanto alle banche ben capitalizzate e ben gestite, non accetteremo società che sono scatole vuole”.
Intanto, la Bank of England si prepara al peggio e mette a punto gli stress test per testare la capacità di resistenza delle banche britanniche in caso di catastrofe: il crollo della sterlina contro il dollaro, una forte recessione e inflazione fuori controllo. Ai test saranno sottoposti i principali istituti bancari inglesi, fra cui Barclays, Hsbc, Lloyds Banking Group, Nationwide, Rbs, Santander e Standard Chartered, e i risultati saranno pubblicati a novembre.
La partita delle banche è un match internazionale, visto che sono diversi i candidati che ambiscono al posto lasciato vuoto da Londra. Fra questi, c’è Milano (link ad articolo Meta), per la quale oggi il vice ministro dell’Economia, Luigi Casero, ha ribadito che serve un piano ad hoc: “La partita deve essere a tutti i livelli istituzionali in modo da mettere assieme quante più forze possibili” ha detto, aggiungendo che “nel piano bisogna tener conto che si possano inserire anche misure legislative”.
Le mire e i moniti che arrivano dal continente non sembrano preoccupare la premier inglese, Theresa May. La priorità, per il momento, è paradossalmente una questione di politica interna: in visita in Scozia, la leader conservatrice rispolvera il leitmotiv dell’unità del popolo di Sua Maestà, sottolineando la capacità di attrarre investimenti stranieri anche dopo l’uscita dall’UE, e incontra a porte chiuse il primo ministro scozzese, al quale sarebbe pronta ad offrire maggiori poteri nel processo di devolution, alla vigilia del voto del Parlamento sul nuovo referendum per l’indipendenza chiesto in chiave anti-Brexit.