Il motore industriale del Belpaese, soprattutto per l’export, è il Nord – Est.  In questa parte del territorio, infatti, le esportazioni sfiorano il 39% del Pil locale, contro il 28% nazionale. A rilevarlo è uno studio di Intesa Sanpaolo racchiusa nella ricerca: “Nord-Est, Milano, Torino: un unico racconto” a cura di Fabrizio Guelpa, responsabile Industry e Banking della Direzione Studi e Ricerche che verrà presentata in occasione del Festival CittàImpresa.

La ricerca verrà discussa venerdì 31 marzo alle ore 11 presso le Gallerie d’Italia – Palazzo Leoni Montanari, Contrà Santa Corona, a Vicenza, da Giuseppe Berta, storico, Aldo Bonomi, sociologo e Stefano Micelli, economista.

Purtroppo però, le imprese nordestine hanno trovato ostacoli nelle infrastrutture fisiche, sia autostradali sia ferroviarie, con una dotazione pro-capite superiore alla media nazionale, ma non funzionale ad un’economia che genera forti scambi.
Secondo Intesa Spaolo, queste risorse rimangono cruciali e occorre superare i ritardi, dove sono presenti, ma oggi servono anche altre risorse perché le imprese rimangano competitive: lavoratori con formazione universitaria; capacità di investire in R&S e produrre innovazioni e brevetti; servizi per le imprese ad elevato valore aggiunto (Knowledge Intensive Business Services – KIBS, focalizzati sui settori ICT, consulenza aziendale, ricerca, pubblicità, progettazione e design). Queste risorse sono distribuite sul territorio in modo asimmetrico e tendono spesso ad essere concentrate
nei grandi centri urbani. Secondo la ricerca di Intesa Spaolo, poi Milano e Torino hanno più laureati in materie scientifiche (il 30% in più), concentrano la ricerca e sviluppo e i brevetti (il 20% in più),
mentre le start-up innovative sono meno concentrate su specifici territori e sono diffuse in buona parte del Paese (Nord-Est sullo stesso livello di Torino).

Soprattutto Milano ha una forte specializzazione nei Kibs, (19% degli occupati contro l’8% del Nord-Est; Torino è al 12%). L’offerta di Kibs della Lombardia è paragonabile a quella delle altre grandi regioni europee con cui si confronta.

Per il Nord-Est occorre aumentare l’offerta locale di queste risorse. Occorre investire in formazione, agevolare le start-up e la ricerca, ma anche ampliare le dimensioni aziendali per favorire l’offerta di
posti di lavoro con attività qualificate. Tutto ciò contribuisce anche a generare maggiore attrattività del territorio, con meno giovani qualificati che lo abbandonano e più giovani qualificati che si
insediano. Non si può prescindere però da una maggiore apertura ai territori specializzati su queste risorse, attivando e utilizzando reti di connessione. Possono aiutare trasporti più rapidi, banda larga,
networking dei giovani locali che hanno studiato in altri territori. Già oggi sono numerosi gli studenti fuori sede del Nord-Est, che possono creare legami personali da sfruttare quando rientreranno. La capacità di maggiore apertura del Nord-Est ad altri territori e culture è dimostrata d’altronde dal peso crescente degli investimenti diretti esteri in uscita e parzialmente anche in entrata.
L’evoluzione dei mercati (imprese italiane più focalizzate a monte e a valle della ”fabbrica” rispetto a quelle dei Paesi a basso costo del lavoro) spinge verso una maggiore interazione tra i territori, in un’ottica di fornitore-cliente, tra chi è specializzato nella manifattura e chi lo è nei servizi.
L’evoluzione della tecnologia, con Industria 4.0, ha un processo analogo, dando spazio a una manifattura rinnovata, ma che richiede più servizi di supporto. Per il Nord-Est occorre “aprirsi per valorizzare le specificità locali”.