Lo stress da lavoro, o, in inglese, burnout? È una sindrome. A stabilirlo è l’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, che ha deciso di inserirlo nell’International Classification od Disease-11, la classificazione internazionale delle patologie e condizioni di salute, che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2022. Prima di diagnosticarla, però, i medici devono escludere altri disturbi che presentano sintomi simili come l’ansia, la depressione o il disturbo dell’adattamento. E, ovviamente, il burnout è una condizione che si può riferire solo ad un contesto lavorativo. Sono tre le caratteristiche individuate: senso di esaurimento o debolezza energetica; aumento dell’isolamento dal proprio lavoro con sentimenti di negativismo o cinismo e ridotta efficacia professionale. Dello stress di lavoro, se ne parla dal 1974. Il primo a farlo è stato lo psicologo Herbert Freudenberger, anche se riteneva che la sindrome fosse limitata ad alcune professioni. Quelle cosiddette di aiuto, come infermieri e medici, che entrano in contatto con persone che vivono stati di sofferenza o disagio. Adesso, invece, l’Istituto nazionale della Salute statunitense sostiene che lo stress da lavoro può essere diagnosticato a qualunque lavoratore, indipendentemente dal tipo di occupazione. Nel riconoscerlo come sindrome, l’Oms non ha indicato quali possono essere le cure. Perché si tratta di una sindrome «che porta a stress cronico impossibile da curare con successo».